sabato 19 dicembre 2020

San Giuseppe: tenerezza di padre

Ho desiderato tanto questa statuetta. Trovo questa immagine di una tenerezza disarmante. Suscita in me sentimenti di amore. Giuseppe, protettore della Santa Famiglia, un’autorità di cuore più che di Legge.

Maria riposa per la stanchezza e marito accudisce il piccolo Gesù sulle sue gambe, tra le sue braccia.

Mi piace pensare che è grazie ad episodi come questi che il Dio fatto carne sia entrato a pieno nella condizione umana.

venerdì 11 dicembre 2020

Momenti bui e di speranza

Momenti bui e difficili ci attendono. Presto dovremo affrontare la scelta fra ciò che è giusto e ciò che è facile”. Rivedo Harry Potter per l’ennesima volta e questa frase di Albus Silente mi sembra vera oggi più che mai.

La vita ci riserva sempre grandi sorprese, ma una pandemia non rientrava certo nei nostri piani…

Non eravamo preparati. È questa la frase che sento ripetere ormai da mesi da autorità, da conoscenti, da amici, da sacerdoti. Non ce lo aspettavamo, non siamo stati pronti.

Sono passati esattamente 9 mesi dall’11 marzo, il primo giorno di lockdown. È il tempo di cui una donna si serve per comprendere di essere diventata madre, nel quale si prepara, fisicamente e mentalmente, a vedere stravolta la propria vita da un esserino che la cambierà per sempre.

giovedì 26 novembre 2020

Un Natale da montare

Non voglio entrare nel merito se sia giusto o no addobbare casa per Natale o fare l’albero prima dell’8 dicembre. Ognuno è libero di fare come meglio crede e come vuole in casa propria. Sinceramente, da quando sono sposato, queste cose le faccio la Prima Domenica d’Avvento. La tradizione dice che dovrei farlo l’8 dicembre? Sapete come vi risponderebbe il grande capo indiano di 610? Non lo sapete? Fate una ricerca e capirete. 

Tuttavia, quest’anno la polemica si è alimentata di altro. Leggo sui vari social, infatti, che molti trovano assurde le festività natalizie in questo tempo di pandemia, che non vale la pena festeggiare, che, con questa situazione che ci ritroviamo a causa del COVID-19 non è corretto fare festa, addobbare le case, con lucine, soprammobili, alberi e presepi. Hanno ragione? Sarebbe davvero un torto ai malati o ai morti di quest’anno? Credo proprio di no. Dipende da cosa cerchiamo nel Natale. Quest’anno non potremo avere le case piene di persone, è vero. Alcuni non potranno avere accanto le persone a cui vogliono bene; molti passeranno il Natale in un ospedale (anche se, in verità, ogni anno c’è qualcuno che non potrà festeggiare con i propri cari a causa di un ricovero). Lo so bene che è difficile. Negli anni ci sono passato pure io per questo dolore, perciò non posso giudicare chi preferisce astenersi dalle festività. Tuttavia, Cristo si è fatto carne per tutti, anche per abbracciarci nelle nostre sofferenze.

Sarà, quindi, un Natale diverso nella forma ma non nella sostanza. Un Natale in cui saremo chiamati a montarlo con i pezzi della nostra vita, quelli gioiosi e quelli dolorosi. Ognuno sarà chiamato a mettere un pezzetto della propria vita nel presepe. Saremo i pastori che portano in dono quello che hanno a Gesù che nasce perché è proprio quel Verbum caro Factum est che dovrebbe indicarci la giusta via, dovrebbe ricordarci che la salvezza è già scesa sulla Terra. Noi che resistiamo siamo chiamati a vivere l’attimo presente nel pieno delle nostre forze e con le persone che amiamo. Anche a distanza. Dobbiamo fare in modo di essere noi la decorazione più bella.

Ora scusatemi ma devo iniziare a montare il mio Natale.


 

lunedì 23 novembre 2020

Quarant’anni dopo

Sono nato nell’ottobre del 1982 e, ovviamente, non posso ricordare l’evento del terremoto dell’Irpinia del 1980 di cui oggi ne ricorre il quarantennale. Un sisma che ha cambiato la vita di molti.

Non sono un testimone di quello che accadde, dei morti e degli sfollati che ci furono ma posso essere testimone degli effetti che, dopo quarant’anni, si fanno ancora sentire (anche a causa di una classe politica inetta).

Sono testimone di persone che per anni hanno aspettato un’abitazione che, spesso, non è mai arrivata. Sono testimone del conseguente scempio edilizio dei casermoni popolari che hanno sradicato le persone dai loro territori, paesi e quartieri per costringerli a costruirsi una nuova identità, a costringerli a vivere senza servizi e senza assistenza. Sono testimone che a quella ricostruzione edilizia non fu affiancata quella delle persone, della loro dignità.

Sono testimone del terrore che il terremoto dell’80 ha lasciato nelle persone. Ricordo il volto terrorizzato di mia madre ogni qual volta il lampadario del salone tintinnava per un terremoto. Solo da adulto ho potuto capire il motivo di quel viso spaurito ogni santissima volta ci fosse una scossa. Oggi capisco perché mia zia, ogni volta che c’è una scossa nel Centro Italia, mi chiama subito per sapere come sto.

Sono testimone della forza del popolo campano, non ha mai mollato. Ha continuato a vivere (e a sopravvivere) con la famosa arte dell’arrangiarsi, non perdendosi d’animo, rimbeccandosi le maniche e ad andare avanti consapevoli che la ricostruzione inizia dalla volontà delle persone. Perché quel “Fate presto!” risuona ancora forte nelle nostre orecchie e, qualcuno, aspetta ancora che arrivi un aiuto. Dopo quarant’anni.

sabato 14 novembre 2020

Attimo presente pandemico

La pandemia e l’attimo presente, un pensiero fisso in questi giorni in cui le nostre vite, purtroppo, sono legate a dei colori: giallo, arancione e rosso. Alle nostre incertezze legate al momento storico che stiamo vivendo, si aggiunge la spada di Damocle rappresentata dalla paura di passare da una tinta all’altra, con l’incertezza di sapere quando accade. Una sera ti addormenti che la tua regione è gialla e la mattina dopo ti ritrovi con un colore più scuro che influenza (fino a quando non si sa) la tua vita. Certo, ci dicono che i parametri sono scientifici e questo non lo metto in dubbio. 

La cosa che critico è la modalità della comunicazione. Sapere in quale giorno della settimana potrebbe esserci il decreto del ministro della Salute che indica le regioni a cambiare colore, agevolerebbe chi, come me, per esempio, vive questo periodo con una certa ansia (non sono l’unico a quanto pare).

Tuttavia, c’è del positivo, per me, in tutta questa situazione. Sento ancora più forte il richiamo a vivere l’attimo presente, di non aggrapparmi alle mie ansie (almeno ci provo). Tra preoccuparmi di un futuro incerto e aggrapparmi ad un passato più roseo, sento forte l’invito a cogliere le cose che Dio vuole donarmi nel “qui ed ora” e ringraziarLo per ciò che in questo anno funesto non mi manca: un lavoro, la salute e l’amore di chi mi è accanto.

martedì 10 novembre 2020

Disonestà pandemica

Non capisco cosa volete dimostrare voi che fate i tour fuori gli ospedali e ai Pronto Soccorso in questi giorni. Volete mostrare che il COVID non esiste? Che non c’è una vera emergenza? Trovo tutto ciò disonesto.

Non esiste il COVID? Purtroppo la conta delle persone che si infettano e si ammalano cresce sempre più. Non parlo solo di ciò che raccontano i media ma di quello che vedo con i miei occhi, di persone che conosco e di giovani che si stanno ammalando anche in maniera grave.

Dite che non esiste emergenza? Raccontatelo alle famiglie delle 580 persone che oggi, martedì 10 novembre, sono morte. Disonesti! Siete solo disonesti! Accusate i media di non raccontare la verità ma voi, dall’alto dei vostri piedistalli, fate un gioco anche peggiore. Vi affidate a ciarlatani diventando come loro.  Vi affidate ad immagini dell’esterno degli ospedali quando è dentro di essi che medici e infermieri (ai quali dovremmo un solo grazie) combattono anche per noi contro questo virus.

Dite che nei vostri tour vedete poca gente che affolla gli ingressi degli ospedali, come se i malati di COVID abbiano lo stesso accesso degli altri. Quindi, secondo questa vostra malsana teoria, anche le altre malattie non esistono? Fino a prova contraria negli ospedali si va per tanti motivi.

Io vi conosco bene e ammetto che vorrei avere la vostra stessa sicurezza ma, purtroppo, non ce l’ho. Perché a differenza vostra io spero sempre di avere torto; che qualcuno riesca a mostrarmi, in maniera logica e scientifica, dove sta l’errore del mio pensiero. Purtroppo i vostri ragionamenti sono come l’evangelica casa costruita sulla sabbia.

sabato 7 novembre 2020

Vita riservata. Saluto a Stefano D’Orazio

Lo so, questo spazio sta rischiando di diventare un elogio funebre quotidiano ma ci sono personaggi che ci stanno lasciando è che hanno fatto parte della mia storia. Stefano D’Orazio (ma i Pooh in generale) è uno di questi. 

I miei amici dell’adolescenza possono testimoniare quanto, influenzato da mia madre, ascoltassi i Pooh. Da lì, forse, è nata la diceria (non tanto falsa in verità) che io fossi “vecchio dentro”. Mentre gli altri ascoltavano Tiziano Ferro e altri cantanti che negli anni ‘90 esordivano, io cantavo i Pooh. Mentre iniziavano i primi discorsi su diritti degli omosessuali io ascoltavo “Pierre”, canzone troppo avanti per essere stata pubblicata nel 1976. Certo la mia passione per loro non è paragonabile a quella per Baglioni ma è stata pur sempre importante.

Dei Pooh, il componente che sempre mi ha colpito è stato proprio D’Orazio. Mi sembrava quello più silenzioso, discreto e riservato. Mi rendo conto, oggi, che così è stato. I suoi compagni di viaggio, i suoi “Amici per sempre” hanno scritto che da due settimane era ricoverato. La notizia, però era riservata. Non credo per vergogna. Non c’è nulla di vergognoso ad essere malati. Mi piace pensare che Stefano sia stato coerente con il suo essere anche nella difficoltà. In tempi in cui sembra non esserci un distacco netto tra pubblico e privato, il batterista dei Pooh ci ha insegnato che il nostro privato è un dono prezioso che dobbiamo custodire con amore e attenzione.

Grazie Stefano! Che la terra ti sia lieve!

lunedì 2 novembre 2020

A Dio maestro!

In genere trovo stucchevoli i post delle persone quando muore qualcuno di famoso, tutti si sentono in dovere di manifestare il proprio dispiacere. Tuttavia, mi rendo conto, ci sono dei personaggi a cui nessuno può sottrarsi a questa dinamica.

Gigi Proietti è uno di questi. Lo chiamano “maestro” e fanno bene perché è stato un personaggio che ha legato tre generazioni di italiani e quelle che verranno non sapranno cosa vuol dire ascoltare una sua barzelletta, vedere un suo film, sceneggiato, assistere ad un suo spettacolo teatrale o ascoltare un personaggio da lui doppiato e riconoscerne la voce. Provo tristezza per loro. 

Oggi l’Italia perde un pezzo importante della sua storia artistica e un po’ tutti dovremmo esserne tristi. Il cinico dice che “tutti devono morire”, e magari a dirlo sono quelli come me che hanno subito un lutto che dopo quasi vent’anni fa ancora male. È vero che in tanti muoiono nel silenzio (soprattutto in questo tempo di pandemia) ma non si può negare che alcune morti, anche di personaggi che non conosciamo direttamente, incidono sulla nostra vita in maniera dura e ruvida. Se non ci rendessimo conto di questo la giornata di oggi, 2 novembre, non avrebbe senso commemorarla.

Ciao maestro, ciao core!

martedì 20 ottobre 2020

Rifiuti romani e disservizi

Una cosa assurda. Arrivo all’isola ecologica con alcune cose da buttare ma vengo invitato dagli operatori a tornare indietro perché il cassone del metallo (erano quattro piccole biciclette ormai inutilizzabili) era pieno. 

Potevi chiamare prima direte voi. Certo che avrei potuto farlo, vi rispondo. Tuttavia, dovete sapere, che per una decisione di Roma Capitale, così mi hanno detto al numero verde dell’AMA (la municipalizzata romana che si occupa di rifiuti), le isole ecologiche non hanno una linea telefonica per la comunicazione con l’utenza. Bella decisione!

Chi la prende in saccoccia è il cittadino onesto perché io, che ho un minimo di senso civico, sono tornato indietro ma altri lasciavano le loro cose ai camioncini dei Rom che si appostano fuori l’isola. Questi prenderanno il metallo e gli scarti di ciò che non serve loro, lo andranno a buttare nei cassonetti per strada. In questo modo, l’onesto cittadino avrà una doppia beffa: non aver potuto buttare dei rifiuti speciali nel modo onesto e si ritroverà i cassonetti pieni di rifiuti che non dovrebbero essere li. Tutto questo sotto l’attento occhio vigile delle forze dell’ordine.

Il mio, naturalmente, è uno sfogo che nasce dopo aver fatto le opportune segnalazioni ma mi chiedo una cosa: il sindaco (o sindaca, scegliete voi) Virginia Raggi è a conoscenza di quello che avviene nella città che amministra?


 

lunedì 19 ottobre 2020

Mascherine, senso civico e tutela del prossimo

Alla partita di calcio di bambini ci sono alcuni genitori che incuranti di tutto e di tutti hanno la mascherina abbassata. Credo che sia una grossa mancanza di rispetto per chi, come me, soffoca nel respirare in queste protezioni; per chi si adatta pur di non provocare ulteriori danni. Indosso la mascherina perché, anche se non protegge del tutto, qualcosina la fa. Indosso la mascherina con la speranza di dare una mano a fermare questo virus ed evitare, in questo modo, conseguenze più drastiche. Tutto questo perché un senso di appartenenza comunitaria mi spinge a sentirmi responsabile verso tante persone che gestiscono attività che potrebbero vedere chiuse le loro porte portando danni irreparabili a tante famiglie e all’intero assetto sociale. Se non ci sono negozi, ristoranti, bar aperti lo Stato ci perde perché è anche grazie alle tasse pagate da quegli esercenti che abbiamo scuola e sanità pubblica e gratuita.

Tutto ciò mi fa arrabbiare perché vedo in questo atteggiamento tanto egoismo, vedo una non curanza di chi è accanto. Tutto questo è il frutto di una società iperindividualista che ha perso quasi del tutto il sentirsi comunità.

Il Papa mesi fa ci ha detto che “stiamo tutti sulla stessa barca” ma credo fortemente che su questa barca, in fondo, non vogliamo starci; che ognuno vuole remare per conto suo.


mercoledì 16 settembre 2020

La cosa giusta


La cosa giusta la senti,

la svolgi, a volte, con lamenti.

Ma se ami quel che fai
la tua forza troverai.
La tua mente è sempre aperta
e una porta è li che aspetta
che tu prenda la sua chiave
e attraversi luci chiare.
Il timor blocca le gambe
ma le ali hai di colombe
che t’innalzano leggero
per proseguir dritto e fiero.
Questo è il segno benedetto
che ti dice che è corretto
quel che con amor ti suggerisce
e i tuoi pezzi tutti unisce.




venerdì 29 maggio 2020

Umile regina

Dio, nella sua immensa bontà, non ci lascia da soli a lottare. Certo, fisicamente è presente nell’Eucarestia. Tuttavia, ha permesso che in Paradiso qualcuno intercedesse sempre per noi: Maria. Lei, infatti, è incoronata Regina, viene insignita della carica più importante. Al di sopra di lei solo la Trinità.
Una regina, Maria, che esercita la sua regalità vegliando con amore materno sui suoi figli, aspettando che noi chiediamo la sua intercessione quando siamo nelle difficoltà che ogni giorno incontriamo. Maria regna e, dal suo trono, è pronta ad aprirci le braccia e accogliere ogni nostra richiesta, ogni nostro ringraziamento con la caratteristica che l’accompagna da quel pronunciato all’angelo Gabriele: l’umiltà. 
Maria è una regina comprensiva che governa con compassione le nostre vite perché ha a cuore i nostri vissuti e i sentieri che percorriamo. Maria ci ama e ci protegge perché vuole che il nome di Gesù arrivi a tutti, perché vuole che la nostra testimonianza evangelica sia veritiera e autentica, perché vuole che noi viviamo con la stessa umiltà che la resa la più grande delle creature umane.

giovedì 28 maggio 2020

Il premio celeste

Tutto quello che facciamo per Dio nel nome di Gesù ci darà un premio in questa vita? Non so rispondere a questa domanda. Conosco, infatti, tante persone sante che non sembrano essere premiate da Dio per quello che fanno o per come portano le loro croci.
Tuttavia, c’è una donna, Maria, che ci mostra quale sarà il nostro premio finale. Il Signore Gesù, infatti, volle che Sua madre fosse accolta in spirito e in corpo nella gloria del Paradiso. Questo evento straordinario ci dice tanto perché è anticipazione di ciò che sarà quando risorgeremo a nuova vita. Maria è la nostra precorritrice, è una nostra sorella che ci indica qual è la strada da percorrere in vita per arrivare al Suo amato figlio. Maria per sua virtù ci apre la strada anche dell’eternità. Gesù, tramite la Madre, mostra a tutti noi qual è il premio finale per il quale vale la pena stare alla sua sequela: la resurrezione.
Purtroppo, noi non siamo più abituati a pensare a lungo termine ed è per questo che, probabilmente, facciamo fatica a non accettare che essere testimoni del Vangelo non possa essere sempre gratificante. La nostra natura umana ci impedisce di guardare in avanti, di portare il nostro sguardo sulla vita eterna. 
Prendiamo esempio da Maria, quindi, che non ha preteso un posto d’onore per essere stata la madre di Dio ma che Le è stata concessa la più grande delle grazie: pregustare l’eternità insieme a Suo figlio.

mercoledì 27 maggio 2020

La forza dello Spirito

Il giorno di Pentecoste lo Spirito Santo scende sugli apostoli nel cenacolo. Da quel momento cambia tutto perché si aprono gli occhi e il cuore e i Dodici diventano pronti ad andare per il mondo ad annunciare il Vangelo. Tra l’altro Gesù lo aveva detto al momento della sua ascensione: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto" (Mc 24, 46-49).
Agli apostoli mancava il sigillo dello Spirito Santo per poter compiere la loro opera evangelizzatrice e dal momento che lo ricevono sono come delle barche a vela spinte da un vento fortissimo, sono come il fuoco che divampa in una foresta. Con la forza dello Spirito Santo sono in grado di parlare a tutti di Cristo e di affrontare avversità inimmaginabili, indicandoci a chi affidarci per essere degni annunciatori e testimoni del Vangelo.

martedì 26 maggio 2020

Salire a Dio

Quaranta giorni dopo la Sua resurrezione, Gesù ascende al cielo. Il cerchio si chiude: Gesù viene dal Padre e a Lui ritorna. Facendolo ricorda a tutti noi che dobbiamo tornare a ciò che è essenziale, a ciò che da senso a tutte le opere che compiamo per il bene dei poveri. Gesù ci ricorda che se non riportiamo al Cielo le nostre opere, queste restano sterili, non portano i frutti che noi desidereremmo ma frutti amari che non saziano davvero.
Come possiamo fare per tornare al Cielo? La preghiera può esserci d’aiuto. Un dialogo continuo con Dio può essere un buon toccasana per alimentare questo nostro rapporto con il Cielo. Pregando, infatti, il nostro spirito sale al Cielo.
Affidiamo al Padre la nostra vita e le nostre opere. Vedremo che la certezza che queste salgano a Dio riempirà la nostra vita e ci renderà consapevoli testimoni dell’amore paterno dell’Onnipotente.

lunedì 25 maggio 2020

Resurrezione da annunciare

Mi fermo a pensare spesso ai dolori della vita che trovo difficile riflettere sulla gioia della resurrezione. Eppure Gesù lo aveva detto ai suoi discepoli che la via della salvezza doveva passare dalla sofferenza e che quest’ultima non era la fine di tutto: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno". 
Questo è il rischio che corriamo un po’ tutti: fermarci alla croce e dimenticarci di un Dio vivo, che è risorto. Noi cristiani, infatti, siamo annunciatori di vita. Noi siamo coloro che danno un senso alle proprie sofferenze, non per stoicismo ma perché siamo consapevoli che dopo la morte e il dolore c’è una resurrezione. Non sappiamo quando questa verrà ma dobbiamo essere consapevoli che il buon Gesù non ci lascia soli nella disperazione e che, con la sua resurrezione, ci dona una speranza di salvezza e di gioia.

venerdì 22 maggio 2020

Collocazione provvisoria

Secondo me dovremmo avere tutti un Crocifisso in casa. Sul mio comodino ne ho uno vecchio di bronzo, piccolo una decina di centimetri, che mi regalò mia madre. Ero alle superiori quando me lo donò e mi disse di portarlo sempre con me perché nei momenti di sconforto poteva tornarmi utile. Devo essere sincero: per tutta la mia adolescenza l’ho trattato come un portafortuna (in fondo noi del Sud Italia un po’ superstiziosi lo siamo). Solo da adulto ho capito l’importanza di quel dono ed è per questo che questo crocifisso è passato dallo zaino (in cui l’ho sempre tenuto) al comodino. Quel Gesù in croce è la prima cosa che vedo al mattino (se mia moglie dorme) ed è l’ultima cosa che contemplo prima di andare a dormire (sempre se mia moglie dorme). 
Dovremmo affidarci tutti a Gesù in croce quando iniziamo la giornata. In questo modo non ci sentiremo soli quando, nella quotidianità, saremo chiamati a morire nelle piccole cose e anche in quelle più serie. Dovremmo contemplare tutti il Crocifisso prima di appisolarci e affidargli le croci che portiamo, quelle leggere e quelle pesanti. Affidiamole a Lui perché, come ci suggerisce don Tonino Bello la Croce è una “collocazione provvisoria” ed è giusto che ce ne ricordiamo ogni giorno.

giovedì 21 maggio 2020

La strada verso la gioia

La strada che Gesù percorre verso il Calvario è un po’ la metafora della nostra vita. Quest’ultima, infatti, non è facile: è tortuosa e piene di insidie. 
Anche noi, durante la nostra vita, siamo chiamati a portare una croce (o più croci). Il peso di questa ci schiaccia, ci opprime e non sempre siamo fortunati ad incontrare un Cireneo che ci aiuti. Al fardello che portiamo bisogna aggiungere gli sberleffi di chi ci mortifica, agli sputi (reali o meno), le offese che ci regalano coloro che non ci amano e la solitudine causata, soprattutto, da coloro che desidereremmo accanto ma non sono accanto a noi nel momento dello sconforto.
Fortunatamente il nostro cammino trova anche momenti di sollievo. Se non ci fossilizzassimo sulle cose negative che incontriamo, troveremmo sicuramente una Veronica pronta a darci conforto, donne che ci sostengono e persone che non sono lì solo per vedere che fine faremo.
Il nostro Calvario ci porta sicuramente all’ultima meta, noi continuiamo ad andare avanti con la certezza che Colui che è morto e risorto si incarna in tutte le cose belle che riempiono la nostra vita; che ci ricorda che la nostra meta non è la morte ma la Resurrezione. Siamo chiamati a testimoniare questa speranza, siamo chiamati a vivere questa gioia.

mercoledì 20 maggio 2020

Fastidiose spine

Povero Gesù che ha portato per tutto il supplizio fino alla morte una corona di spine. Le spine, infatti, sono dolorose. Me ne accorgo quando sul mio terrazzo devo fare qualcosa con le rose. Infatti, quando sbaglio a prenderle il dolore si fa sentire forte e se dovessi immaginare delle spine che entrano nella carne, questo mi fa venire i brividi.
Gli stessi brividi li proviamo quando veniamo punzecchiati dalle nostre spine quotidiane, da tutte quelle cose che ci danno fastidio e che rendono difficile proseguire sulla strada della nostra missione cristiana. Queste spine si incarnano in tutte le nostre paure e incertezze; nelle maldicenze nei nostri confronti e negli sgambetti che possono farci coloro che non ci capiscono. Queste spine si incarnano nelle cattiverie che subiamo e che causano battute d’arresto al nostro cammino.
Noi vorremmo eliminare queste spine ma dobbiamo stare attenti perché sono proprio queste spine a farci crescere come uomini e cristiani, che ci spingono sulla strada della santità.

martedì 19 maggio 2020

La flagellazione quotidiana

Ogni volta che guardo il film The Passion, rimango inorridito dalle torture che subì Gesù durante la sua flagellazione. Chi ha visto il film sa a cosa mi riferisco. Ogni volta che guardo questa scena del film penso: “come può l’uomo arrivare a tanto?”
Sono certo che io non arriverei a flagellare e, sicuramente, non godrei nel torturare una persona. Tuttavia, mi rendo conto che rischio di essere un grande flagellatore. Lo sono quando parlo male di qualcuno; quando una mia offesa gratuita colpisce i sentimenti di chi mi è accanto; quando mi arrabbio con chi amo quando non ha colpa, quando, cioè, diventa il mio capro espiatorio. La lista di come potrei essere un bravo flagellatore potrebbe continuare. Sono quasi sicuro che tutti potreste darmi una mano indicandomi qualche esempio di flagellazione quotidiana. Sono cose che non portano frutto alla testimonianza evangelica e che mi fanno essere più povero dei poveri che voglio aiutare.

lunedì 18 maggio 2020

Compagnia sperata

Credo che noi, spesso, siamo come gli apostoli nel Getsemani: lasciamo Gesù da solo. Egli, infatti, nell’ora più buia, nell’ora della prova, viene lasciato da solo. Eppure aveva chiesto loro di vegliare in preghiera insieme a lui; aveva chiesto loro un po’ di sostegno nel momento più delicato della sua vita terrena. Tuttavia, gli apostoli si addormentano e non si riprendono nemmeno dopo i richiami di Gesù. 
Quante volte lasciamo anche noi Gesù da solo? Basta guardarci intorno e vedere cosa abbiamo fatto durante la giornata: potremmo renderci conto, per esempio, di non averlo riconosciuto nei bisogni dei nostri fratelli. Una volta un bambino della casa famiglia dove lavoro mi fece una domanda spiazzante. “Come si può fare a stare sempre con Gesù?” 
Gli risposi con un esempio: “Oggi mi fa male la schiena e tu mi stai dando una mano a rifare questo letto. Questo è un modo concreto di stare con Gesù.” 
“Quindi lo fai anche tu quando mi dai una mano con i compiti?”
“Spero di si.”
Che questa speranza possa accompagnare sempre la nostra vita. Solo in questo modo possiamo essere veri testimoni della fede.

venerdì 15 maggio 2020

Il carburante missionario

Durante la cena della Pasqua Gesù prese il pane lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo”. Poi prese il vino e disse: “questo è il mio sangue”. Al Figlio di Dio non è bastato farsi carne, non è bastato umiliare la sua divinità condividendo con gli esseri umani la nostra fragilità. Gesù fa un ulteriore passo di umiltà: diviene pane e vino affinché Egli possa restare fisicamente sempre con noi.
Se ci pensiamo, questo è un atto d’amore bellissimo. Gesù ci lascia la certezza che starà per sempre con noi, che è sempre presente fisicamente per darci nuova linfa ogni volta che ne abbiamo bisogno. Gesù è pronto ad essere il nostro carburante per renderci degni missionari del Suo Vangelo e lo fa, Lui che è Dio, rendendosi cibo e bevanda di salvezza del quale non potremo mai esserne sazi.

giovedì 14 maggio 2020

Il giusto ascolto

Gesù portò su un monte i suoi discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni ed fu davanti a loro che si trasfigurò: “il suo volto brillò come la luce”. Al suo fianco apparvero Mosè ed Elia che parlavano con lui. Gli apostoli restarono meravigliati e avrebbero voluto restare lì a godersi questa paradisiaca visione ma ad un tratto una nube luminosa coprì tutti e si sentì una voce che diceva “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”.
Questo ultimo invito del Padre risuona nel mio cuore spesso e mi lascia delle domande alle quali non sempre riesco a rispondere. 
Ascolto sul serio Gesù? Certo, rispetto i comandamenti (ci provo) e cerco di mettere in pratica i Suoi insegnamenti ma ho davvero le orecchie dritte pronte ad ascoltare quello che Gesù vuole dirmi? Sono pronto a riconoscere le Sue parole in quelle che mi vengono dette dai fratelli?
Oggi apro il mio cuore e condivido queste domande. Non suggerisco risposte. Qualche giorno fa dicevo che tutti sono bravi a dare risposte ma pochi sono bravi a fare delle buone domande. Quindi, oggi vi lascio con queste domande affinché ognuno di noi possa trovare la sua risposta che aiuti a proseguire ognuno sulla strada della missione cristiana.

mercoledì 13 maggio 2020

Annuncio in movimento

Dopo l’arresto di Giovanni il Battista, Gesù non resta con le mani in mano. Il Vangelo di Marco (1,14) ci dice che “Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio”. Inizia in questo modo la vita pubblica del Cristo che lo porterà a percorrere le strade della Palestina per portare a tutti l’annuncio del Regno di Dio. È bello sapere che il Figlio di Dio non aspetta che gli altri vadano a Lui ma è Egli stesso che si muove per raggiungere le persone, per salvarle. L’annuncio, infatti, ha bisogno del movimento. Papa Francesco ce lo ricorda spesso con il suo concetto di “Chiesa in movimento”. Non possiamo restare chiusi nelle nostre nicchie, non possiamo restare fermi sui nostri pulpiti ma dobbiamo andare verso gli altri, i poveri e gli abbandonati. Lo sapeva bene Sant’Eugenio De Mazenod, fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, che trova il senso della missione evangelica nel motto della congregazione da lui fondata: “Evangelizare papeuribus misit me. Pauperes evangelizatur. Mi ha mandato ad evangelizzare i poveri. I poveri sono stati evangelizzati.” Solo dopo che mi muovo e vado verso gli ultimi questi vengono evangelizzati.
Chiediamo a Dio il coraggio e la forza di uscire dalle nostre comodità per poter adempiere al più importante compito che ci è affidato: annunciare il Vangelo.

martedì 12 maggio 2020

Gioiosa obbedienza

L’episodio è famoso. Maria e Gesù vengono invitati a delle nozze a Cana di Galilea ma durante i festeggiamenti il vino finisce e Maria va da Gesù per riferirglielo. Gesù, all’inizio, sembra infastidito dalla comunicazione della madre ma lei, che conosce il proprio figlio (la mamma è sempre la mamma), si rivolge ai servitori e dice loro: “qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Sappiamo che quei servitori fecero come disse Maria, Gesù trasformò l’acqua in vino e alla festa tornò la gioia dei festeggiamenti anzi, il vino “nuovo” era più buono di quello precedentemente servito.
Questo è un bell’insegnamento: se noi facciamo qualsiasi cosa Gesù ci dica la nostra vita può assumere nuove sfaccettature che possono essere sicuramente belle e gioiose. È vero che compiere il Suo volere può sembrare difficile e sicuramente lo è. Può esserci chiesto, per esempio, di fare una telefonata ad una persona con la quale abbiamo interrotto i rapporti o di chiudere un occhio davanti a un torto subito quando si ha ragione. Spesso, la cosa che ci viene chiesto di compiere è portare una croce e non è affatto facile (a volte sembra anche non sensato farlo). Tuttavia, la certezza che, come a Cana, la nostra vita possa essere mutata in qualcosa di nuovo e di più buono potrebbe essere un aiuto a lasciarci andare e ad obbedire a Gesù. Qualsiasi cosa ci dica, facciamola, e trasformeremo la nostra vita in un inno di gioia a Dio per poter essere veri e felici testimoni della Sua Parola.

lunedì 11 maggio 2020

Lo slancio dello Spirito

L’episodio del Battesimo di Gesù e uno dei più affascinanti. Viene fuori tutto l’amore che Dio ha per l’uomo e di come questo si manifesta nel voler condividere in tutto l’esperienza dell’umanità. Gesù, infatti, si fa battezzare da Giovanni come tutti gli altri, come tutti quelli che andavano al Giordano per espiare i propri peccati. Pur non avendo peccato, il Cristo vuole solidarizzare con loro. Quante volte ci mettiamo sui nostri pulpiti morali e giudichiamo i nostri fratelli? Quante volte perdiamo di vista l’esempio di Cristo? Io troppe.
Alla fine Gesù riesce ad avere la meglio sulla reticenza di Giovanni e si fa battezzare. Alla fine del rito accade una cosa fenomenale: il cielo si squarcia, lo Spirito scende su Gesù e la voce del Padre dice “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento.” 
Da quel momento Gesù inizia la sua vita pubblica, va in giro a predicare il Vangelo. È il sigillo dello Spirito che lo spinge ed è lo stesso che dovrebbe spingere noi cristiani nell’annuncio della Buona Novella. 
Lasciamoci riempire dallo Spirito affinché le nostre opere seguano il solco lasciato da Gesù. Solo in questo modo il Padre potrà dire anche di noi “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”.

venerdì 8 maggio 2020

Ciò che è essenziale

Ogni anno, Gesù e i suoi genitori andavano a Gerusalemme per la festa della Pasqua. Quando aveva dodici anni, però, successe una cosa che fece preoccupare Giuseppe e Maria. Sulla strada del ritorno a Nazareth si resero conto che il figlio non era con loro e iniziarono a cercarlo tra parenti e amici. Tornarono a Gerusalemme. Dopo tre giorni di ricerca, trovarono Gesù che ascoltava e interrogava i maestri del tempio e ai genitori preoccupati disse: “non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
Quante volte anche noi perdiamo l’essenziale, ci smarriamo tra le cose del mondo (anche futili) e perdiamo la nostra bussola. La cerchiamo da per tutto e in tutto. Dimentichiamo che ciò che serve sono le cose del Padre. Ci affanniamo per tutto ma per quello che riguarda Dio non troviamo mai tempo. Vogliamo essere annunciatori del Vangelo ma releghiamo la missione solo alle opere di bene, come se fossimo una ONG. Sono cose importanti ma non bastano: opere e parole devono andare di pari passo, separarle snaturerebbe il nostro essere cristiani.
Preghiamo che Dio possa darci gli strumenti giusti per riconoscerlo nelle cose che danno la vita vera, in ciò che è essenziale per la nostra vita.

giovedì 7 maggio 2020

Gesù nel Mondo

Giuseppe e Maria, quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, portarono il piccolo a Gerusalemme perché la Legge ebraica prevedeva che ogni primogenito venisse presentato al Tempio del Signore. Tuttavia, per Gesù questa presentazione assume un risvolto incredibile: mentre tutti i primogeniti venivano presentati a Dio, Lui, che è Dio incarnato, viene presentato al Mondo.
Il primo a riconoscere il Divino Bambino è Simeone, uomo giusto e timorato di Dio. Appena lo vede il suo cuore si apre e recita il suo famoso cantico: “Ora puoi lasciare o Signore che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele.”
Queste parole ci ricordano che solo dopo aver incontrato la salvezza che viene da Dio il nostro cuore si apre al mistero della bellezza divina e trova il coraggio di spingerci fuori dalle nostre nicchie per portare e testimoniare al mondo la gioia che viene da Cristo.
Permettiamo, quindi, a Dio di entrare nelle nostre vite per poter avere, così, un cuore coraggioso che ci renda degni testimoni del Vangelo.

mercoledì 6 maggio 2020

Il Verbo incarnato

La nascita di Gesù porta uno sconvolgimento nel mondo. La Storia, da quel momento, non sarà più la stessa. Dio, che fino ad allora tutti hanno considerato lontano, viene a stare tra noi e lo fa in un modo umile: si fa uomo. Dio decide di incarnarsi per essere uno con noi e tra di noi. Non potrebbe essere altrimenti perché il Suo amore è talmente forte che viene ad amarci di persona.
Cosa può dirmi questa incarnazione? A distanza di più di duemila anni questo evento è sempre attuale. Dio si incarna, ancora oggi, nella Storia per ricordarci che vuole incarnarsi nella nostra storia e nella nostra vita. Un mistero d’amore che, forse, facciamo fatica a capire quando il senso di abbandono è grande. Tuttavia, per dirla con Benedetto XVI, “la salvezza portata dal Dio fattosi carne in Gesù di Nazaret tocca l’uomo nella sua realtà concreta e in qualunque situazione si trovi.”
Lasciamoci trasportare da questa certezza e troviamo in essa la forza di testimoniare la bellezza di un Dio che ci ama e resta con noi. Sempre.

martedì 5 maggio 2020

Maria la missionaria

Dopo l’annuncio della divina gravidanza, Maria non si lascia prendere dallo sconforto. Dopo aver detto il suo “sì” incondizionato alla volontà di Dio, sente che questa bellezza non può tenerla con sè ma deve condividerla. 
Maria ci indica la strada che porta alla realizzazione: la missione. Maria è la prima missionaria, è colei che, dopo aver fatto l’esperienza di Dio, vuole portare e testimoniare a tutti la salvezza che si compie nella sua vita. E invita noi a fare lo stesso indicandoci due pilastri di questo annuncio d’amore: l’umiltà e il servizio. 
L’umiltà. Solo dopo che Elisabetta e il bambino che porta in grembo riconoscono la Maria come Madre di Dio, la giovane donna canta il Magnificat. Maria non va dalla sua parente sbandierando quello che di bello le stava accadendo ma attende umilmente che ciò sia riconosciuto.
Il servizio. Maria non resta a glorificarsi delle onorificenze che Elisabetta le fa ma si mette al suo servizio (per tre mesi dice il Vangelo). Un vero missionario, infatti, si mette al servizio degli altri, dei più poveri e degli abbandonati.
Maria ci ha segnato il sentiero e a noi non resta che seguire le sue orme.

lunedì 4 maggio 2020

Un annuncio di speranza

L’Annunciazione di Gabriele a Maria è la madre di tutte le annunciazioni. Se noi, oggi, possiamo andare in giro a testimoniare la bellezza della vita in Cristo lo dobbiamo a questo strepitoso fatto e al “sì” di Maria che ne è conseguito. 
Un annuncio di speranza e di gioia è quello di Gabriele che Maria ha custodito per tutta la vita, anche nel dolore, come custodì per nove mesi la bellezza di un Dio incarnato che adotta Maria come madre e che dona la sua maternità a tutti noi.
Un annuncio di speranza perché da quel “sì” nasce la nostra salvezza. Quello che Eva ci tolse, Maria ce lo dona moltiplicato all’infinito. Un annuncio di gioia perché porta nascosto in sè il seme della Resurrezione e del nostro riscatto.

sabato 25 aprile 2020

A Mario

Son passati tanti anni
che un nemico ti ha colpito.
Non capiva i tuoi affanni
e il tuo corpo ha assopito.

Camminavi tra la gente
ogni passo era benedizione
che ti portava dove era il Niente.
Questa era la tua vocazione.

La tua anima ora è lieta
e con forza, oggi, tu parli
alla mia vita inquieta
mandando via tutti i miei tarli.

giovedì 16 aprile 2020

Cielo terso

Cielo terso da speranza
che la notte passi in fretta
ma il buio lento avanza
e cuor mio gioia aspetta.

Se pur limpido e sereno
poche nubi avanzan piano
portan seco del veleno
che allontano con la mano.

Si allontanan lentamente.
Il mio cuor piano sussulta,
si schiarisce anche la mente
e di gioia l’animo esulta.

giovedì 9 aprile 2020

La mia passione

Sono Giuda ogni volta che tradisco;
ogni volta che il mio comportamento provoca lacrime in chi pone in me fiducia.
Sono Pilato ogni volta che distolgo lo sguardo da chi ha bisogno;
ogni volta che lavo via il mio dovere, il mio onore e la mia umanità;
ogni volta che evito di prendermi le responsabilità che Dio pone sul mio cammino.
Sono Pietro quando l’orgoglio è mio amico;
quando la paura annebbia il mio cuore e mi fa dimenticare promesse d’amore. 
Dovrei essere Pietro nella cura dei miei fratelli.
Sono Gesta, il ladrone, ogni volta che non Ti riconosco;
ogni volta che tento la Tua Volontà;
Ogni volta che rubo ogni speranza a chi mi ama.
Sono il Centurione ogni volta che, ciecamente, obbedisco alle regole del mondo;
ogni volta che solo Tu riesci ad aprire il mio cuore e rendermi lo stupore della Tua presenza.

domenica 29 marzo 2020

Il mio pensiero in una scatola

Vedete questa scatola nella foto? Contiene una Ferrari della Lego che tempo fa mi avevano regalato. L’ho conservata fino ad ora perché avevo scoperto che, essendo un set del 2008 ormai fuori commercio, poteva valere un po’ di soldini. Quindi avevo deciso di conservarlo per far crescere ancora di più il suo valore e poterlo rivendere. Tuttavia, mi sono reso conto che avevo un pezzo raro tra le mani che avrei potuto aggiungerlo alle altre Ferrari Lego che ho. Che faccio? Lo monto o lo conservo?
Poi in questi giorni ho visto i camion dell’esercito che portavano via da Bergamo le salme dei morti da Covid-19, ho visto persone che stanno soffrendo per la malattia, per le restrizioni, per non poter abbracciare le persone care (per la verità stiamo tutti sulla stessa barca). Ho capito che la vita è troppo breve per queste elucubrazioni economiche e che in questo momento, se montare questa Ferrari mi distrae donandomi po’ di gioia, è giusto che lo faccia.
Ora scusatemi. Vado a giocare, ho una Ferrari da montare.

sabato 28 marzo 2020

Non sono un eroe

Da piccolo non ero famoso per il mio coraggio. Quando, per esempio, per scherzo si citofonava alle porte e si scappava, io ero già una ventina di metri avanti ai miei amici pronto a fuggire via. Ancora oggi non credo che io sia un tipo coraggioso e avventuriero.
Scrivo questo perché l'altro giorno, il mio amico Marco (che ringrazio per la stima) mi scrive un messaggio nel quale mi chiama "eroe". Per lui lo sono perché ogni giorno esco per andare a Casa Betania, la casa famiglia in cui lavoro. Marco mi vuole bene e, forse, vede in me cose che non esistono (o che non vedo).
Io non sono un eroe, questo ruolo lo lascio a chi, in questo periodo, sta salvando vite e sta gestendo l'ordine pubblico: personale sanitario (medici, infermieri, farmacisti) e forze dell'ordine. Non sono un eroe perché per me il rischio di contagio, rispetto a coloro che sono in prima linea, è pari a zero.

giovedì 19 marzo 2020

Andate a Giuseppe

Indichi la via
a chi devotamente ti cerca.
Tendi la mano
a chi calorosamente ti invoca.
Esaudisci le preghiere
a chi genuinamente ti parla.
Apri il tuo cuore di padre
a chi umilmente chiede aiuto.
Doni esempio di giustizia
a chi valorosamente ama.
Insegni giusto lavorare
a chi onestamente opera.
Operi nella vita
di chi a divino volere si pone.
Scaldi il cuore
a chi gioiosamente lotta.
Estirpi l’orgoglio
a chi mestamente vive.
Parli al cuore
Di chi amorevolmente ascolta.
Hai sempre una speranza
per chi lietamente pazienta.

venerdì 13 marzo 2020

La mia svolta Eco-Bio

Si può dire tutto di me tranne che sono una fondamentalista dell’ecologismo. Io che faccio docce infinite sprecando quantità d’acqua vergognose (ci provo sempre a fare veloce, giuro!), tengo tutte le luci di casa sempre accese perché la penombra mi mette tristezza e tengo una temperatura in casa abbastanza alta perché odio il freddo.
Eppure da poco più di un anno, complice un’incontro sull’ecologia fatto nella comunità con cui seguo un cammino di fede e grazie ai buoni esempi e suggerimenti di alcune amiche (Serena in primis), ho iniziato a porre maggiore attenzione a questo aspetto, ad informarmi di più, a sentirmi più responsabile in prima persona della cura dell’ambiente.
Partendo dal presupposto che non ce la posso fare a spegnere le luci in casa e ad abbreviare la durata della doccia, mi sono chiesta: su cosa posso lavorare per migliorare e quali passi fare che mi sento in grado di portare avanti?

Dolce tempo

Il Tempo sembra lento
ma il mio cuore non è spento:
con il tuo batte forte
condividendone la sorte.

Il Tempo sembra tiranno
ma i minuti seppelliranno
le mie noie i miei dolori
donandomi luce e bei colori.

Il Tempo sembra sia denaro,
idea dell'uomo avaro
ma la mia mano non resta in tasca
per timor che mio aver sparisca.