lunedì 28 maggio 2018

Meglio santi che tanti

I numeri lasciamoli ai burocrati, la Chiesa non ne ha bisogno. Quanto ascolto o leggo notizie che evidenziano che i cattolici stanno diminuendo, che, per esempio, Piazza San Pietro sta subendo una diminuzione della presenza dei fedeli (senza tenere presente, in questo caso, del rischio terroristico), mi viene l'orticaria. Quando queste notizie arrivano da frangenti tradizionalisti della fede cattolica, l'orticaria si trasforma in incacchiatura. È proprio necessario contarci? È questo che conta per la salvezza delle anime (le nostre e degli altri)?
La riposta l'ho avuta latro giorno e la voglio condividere con voi. Sto leggendo dei testi scelti di Sant'Eugenio de Mazenod, fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, congregazione missionaria a cui io, da laico, sono associato, e in una lettere a p. Tempier (uno dei suoi primi compagni, forse quello più importante per la storia della congregazione) scrive, il 22 agosto 1817: "Questo spirito di dedizione totale per la gloria di Dio, il servizio della Chiesa e la salvezza delle anime, è lo spirito della nostra Congregazione, piccola è vero, ma che sarà sempre potente nella misura in cui sarà santa. È necessario che i nostri novizi si impregnino di questi pensieri, che li approfondiscano, che li meditino spesso".

venerdì 25 maggio 2018

Riflessioni in tangenziale

Un mio amico, una volta, mi aveva detto che uno dei più grandi atti d'amore è quello di dare la precedenza ad automobilista anche quando egli non ce l'ha. Ed ha ragione. Certo, il mio amico non invita a bloccare un'autostrada per dare la precedenza a tutti quelli che la imboccano ma invita ad avere nel cuore tutti quelli che, anche brevemente, si incontrano.
Per questo motivo, l'altro giorno, avendo a mente questa massima ho dato la precedenza ad uno che, in verità, la precedenza l'aveva conquistata con prepotenza e, dopo una piccola clacsonata, il tizio mi ha chiesto scusa alzando la mano (gesto che possono capire solo gli automobilisti) almeno quattro volte. Si vedeva che il tizio, forse, era mortificato e mi sono rallegrato perché questi sono gesti che mi fanno riconciliare con questo mondo dove tutti vogliono avere per forza ragione.

martedì 22 maggio 2018

Il tempo della preghiera

Ci sono riuscito, anzi, ci sto riuscendo: sto pregando il rosario tutti i giorni. Tuttavia, non scrivo questo breve post per vantarmi di questa cosa (ai più può interessare una cippa lippa) ma per condividere che quando vogliamo trovare il tempo per pregare lo troviamo.
Ho sempre pregato il Rosario ma non con una continuità quotidiana, "non ho tempo e non ce la faccio" era questa la scusa che mi trovavo. Poi, con un fioretto quaresimale nel quale mi sono promesso di pregare la coroncina tutti i giorni, ho visto che il tempo si trovava e non solo nei ritagli di giornata "morti" (tipo mentre guido) o mentre faccio altre cose. Riuscivo a trovare spazi di tempo (basta una ventina di minuti) in cui dedicarmi a questa pratica salvifica. Ecco che trovavo il tempo di sedermi, mettermi comodo e pregare magari togliendo il tempo ad una puntata di una serie TV. Mi sono reso conto che il tempo c'è e c'è sempre stato solo che io non volevo usarlo in questo modo.
Da tempo il fioretto quaresimale è finito (è finito anche il tempo di Pasqua) ma riesco ancora a tenere il ritmo di preghiera giusto. Ho trovato il mio tempo della preghiera in cui posso dedicarmi anima e corpo per recitare le mie cinquanta Ave Maria.

venerdì 4 maggio 2018

Pietra angolare di un palazzo "sgarrupato"

Una volta un sacerdote napoletano, p. Antonio Petrone OMI, disse a un gruppo di ragazzi (naturalmente io ero tra loro) che Dio ci ama anche se siamo "sgarrupati" (non ricordo le parole precise ma il senso era questo). Per chi non conoscesse il napoletano, la parola "sgarrupato" indica un edificio che è in decadenza, malmesso e spesso abbandonato da tutti ma che, tuttavia, resta lì, fermo immobile e cadrebbe solo se qualcuno lo abbattesse.
Quante volte mi sento un palazzo sgarrupato, un edificio rigido e decadente. Nonostante tutto, resto fermo, non crollo, perché Dio mi vuole bene a tal punto da mettere il Figlio come "Pietra Angolare" (Mt 21,23) del palazzo della mia vita; da donarsi come essenza del mio restare in piedi. Se Lui non facesse parte della mia vita credo che crollerei e di me non resterebbe che un rudere. Spero di riuscire a riconoscere sempre questo supporto d'amore nella mia vita per potermi donare, a mia volta, come aiuto per gli altri.

martedì 1 maggio 2018

Giuseppe lavoratore

Ramo dell'albero reale,
luce che splende sui patriarchi.
Sposo della Madre del tuo Creatore
la custodisti in casta volontà.
Nutristi il Figlio di Dio,
lo difendesti da morte certa.
Giustizia ti distingue,
Castità ti rappresenta,
Prudenza ti accompagna,
Obbedienza ti rende fedele.
Nel tuo volto si rispecchia la pazienza,
nell'umile lavoro amasti povertà
e onestà trova in te un porto sicuro.
Per le famiglie in difficoltà sei esempio.
Custode di chi offre anima e corpo
alla causa del Messia.
Non lasci soli i sofferenti e i miseri,
malati e moribondi trovano in te conforto.