martedì 20 ottobre 2020

Rifiuti romani e disservizi

Una cosa assurda. Arrivo all’isola ecologica con alcune cose da buttare ma vengo invitato dagli operatori a tornare indietro perché il cassone del metallo (erano quattro piccole biciclette ormai inutilizzabili) era pieno. 

Potevi chiamare prima direte voi. Certo che avrei potuto farlo, vi rispondo. Tuttavia, dovete sapere, che per una decisione di Roma Capitale, così mi hanno detto al numero verde dell’AMA (la municipalizzata romana che si occupa di rifiuti), le isole ecologiche non hanno una linea telefonica per la comunicazione con l’utenza. Bella decisione!

Chi la prende in saccoccia è il cittadino onesto perché io, che ho un minimo di senso civico, sono tornato indietro ma altri lasciavano le loro cose ai camioncini dei Rom che si appostano fuori l’isola. Questi prenderanno il metallo e gli scarti di ciò che non serve loro, lo andranno a buttare nei cassonetti per strada. In questo modo, l’onesto cittadino avrà una doppia beffa: non aver potuto buttare dei rifiuti speciali nel modo onesto e si ritroverà i cassonetti pieni di rifiuti che non dovrebbero essere li. Tutto questo sotto l’attento occhio vigile delle forze dell’ordine.

Il mio, naturalmente, è uno sfogo che nasce dopo aver fatto le opportune segnalazioni ma mi chiedo una cosa: il sindaco (o sindaca, scegliete voi) Virginia Raggi è a conoscenza di quello che avviene nella città che amministra?


 

lunedì 19 ottobre 2020

Mascherine, senso civico e tutela del prossimo

Alla partita di calcio di bambini ci sono alcuni genitori che incuranti di tutto e di tutti hanno la mascherina abbassata. Credo che sia una grossa mancanza di rispetto per chi, come me, soffoca nel respirare in queste protezioni; per chi si adatta pur di non provocare ulteriori danni. Indosso la mascherina perché, anche se non protegge del tutto, qualcosina la fa. Indosso la mascherina con la speranza di dare una mano a fermare questo virus ed evitare, in questo modo, conseguenze più drastiche. Tutto questo perché un senso di appartenenza comunitaria mi spinge a sentirmi responsabile verso tante persone che gestiscono attività che potrebbero vedere chiuse le loro porte portando danni irreparabili a tante famiglie e all’intero assetto sociale. Se non ci sono negozi, ristoranti, bar aperti lo Stato ci perde perché è anche grazie alle tasse pagate da quegli esercenti che abbiamo scuola e sanità pubblica e gratuita.

Tutto ciò mi fa arrabbiare perché vedo in questo atteggiamento tanto egoismo, vedo una non curanza di chi è accanto. Tutto questo è il frutto di una società iperindividualista che ha perso quasi del tutto il sentirsi comunità.

Il Papa mesi fa ci ha detto che “stiamo tutti sulla stessa barca” ma credo fortemente che su questa barca, in fondo, non vogliamo starci; che ognuno vuole remare per conto suo.