venerdì 17 gennaio 2020

Il passo indietro e il primo passo


Saranno i deliri della febbre alta che mi accompagna da una settimana, ma confesso che l’inutile polemica del giorno sulle frasi sessiste di un certo conduttore televisivo mi ha fatto sussultare sul divano. Non voglio entrare nel merito della questione perché sinceramente non ne ho alcun interesse (se qualcuno ne fosse ignaro la notizia è questa). 
Riflettevo piuttosto su una strana domanda: da quando la capacità di stare un passo indietro è diventata un demerito?
Dire di una persona “ha la capacità di stare un passo indietro rispetto ad un altra” è realmente un'offesa? Così, di primo impulso ho pensato alla parabola del fariseo e del pubblicano, agli “ultimi che saranno i primi”, all’invito di Gesù di farsi piccoli. Ecco, a me sembra di poter dire: ringraziamo il cielo che esistono persone così! Benedette quelle donne (e uomini) che sanno stare un passo indietro per lasciare spazio agli altri, per valorizzare chi hanno accanto, per promuoverne e incoraggiarne la vocazione e la missione, che sanno fare un passo indietro perché l’altro in quel momento ne ha bisogno, che sanno rinunciare a se stessi per amore dell’altro. Beati quei colleghi di lavoro che sanno perdere la propria idea per costruire un clima più fraterno in ufficio, quegli amici che lasciano scegliere all’altro il film da vedere al cinema, quei padri che rinunciano ad un’ora di lavoro in più per stare con i propri figli, quelle mogli che lavorano nell’ombra perché i propri mariti siano valorizzati.
Ma, allo stesso tempo, beati quelli che sanno fare il primo passo quando serve, che prendono l’iniziativa per ricucire un rapporto distrutto, che sono i primi a perdonare, che fanno una telefonata a chi non ti chiama mai, che chiedono come stai anche se nessuno lo chiede mai a loro.

Perché i rapporti e il valore delle persone non può essere misurato in termini di superiorità, di forza o di importanza, uomini o donne che siano