sabato 13 novembre 2021

Hikikomori. Stare in disparte

Noi adulti, anche giustamente direi, ci preoccupiamo tanto se vediamo i nostri ragazzi chiusi in camera per lungo periodo a giocare con telefoni, computer e console. Quante volte, dopo essere entrati nella loro camera e, trovando questa al buio, ci viene la tentazione di accendere la luce o aprire le finestre? Tante. Spesso non ci accorgiamo che questo nostro modo di fare rischia di essere deleterio. Tuttavia, siamo spinti dalla preoccupazione che questi nostri adolescenti non escano più dalle loro camere. Siamo spaventati che quello diventi il loro mondo. Non lo nego. Può accadere.

C’è un fenomeno studiato in Giappone da Saito Tamaki che prende il nome di hikikomori e del quale, purtroppo, in Italia non ne siamo esenti. Il termine hikikomori è una parola giapponese e significa “stare in disparte”. Per essere precisi, il giovane hikikomori è un ragazzo che lentamente si mette in disparte dal mondo. Prima inizia ad abbandonare la scuola (o il lavoro) e successivamente si allontana da ogni tipo di relazione per recludersi fisicamente e psicologicamente, trovando, spesso, come unico svago ciò che gli offre la rete internet. Questa azione di mettersi in disparte può avere diverse cause e i due ambienti dove questo fenomeno può nascere e svilupparsi sono la famiglia e la scuola. Nella famiglia, secondo gli studi dello psicologo giapponese, un rapporto troppo attaccato alla madre può essere deleterio. Non riuscire a camminare da solo può creare insicurezza e depressione in molti giovani soggetti. Per quanto riguarda la scuola, le dinamiche di bullismo possono giocare un ruolo fondamentale per lo sviluppo di questo allontanamento sociale.

Quello che più preoccupa noi adulti è il ruolo che i dispositivi digitali giocano nella chiusura dei ragazzi. Questi possono avere una duplice funzione. La prima, più preoccupante, è che cellulari e affini alimentano ancora di più la chiusura dei ragazzi creando una bolla sicura dalla quale è difficile smuoversi. L’altra funzione potrebbe essere incoraggiante. Usare i dispositivi digitali, infatti, non significa solo chiudersi nel proprio mondo ma anche uscire da questo. 

Ricordiamoci che non bisogna demonizzare questi mezzi ma si può (e si deve) vedere il buono che contengono. Un giovane che utilizza internet per comunicare dovrebbe preoccuparci ma non troppo. Alla luce di quello che abbiamo visto nelle righe precedenti, un hikikomori non vuole avere nessun contatto con l’esterno e se un ragazzo riesce, anche minimamente, a comunicare con chi è fuori dalla propria camera è un segnale che non c’è una profonda chiusura.

Siamo noi adulti che dobbiamo accompagnare i nostri ragazzi. Non dobbiamo avere paura di chiedere aiuto se notiamo dei segni che possono preoccuparci e non dobbiamo dimenticare la delicatezza nello stare accanto a loro.

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