Il pellegrinaggio giubilare odierno ha impartito una lezione importante ad un educatore come me che fa della comunicazione il suo abito di sfida: la speranza non si spegne.
Nell’aula Nervi, Mario Calabresi ha ricordato ai partecipanti del giubileo del mondo della comunicazione che il racconto del male non deve essere l’unica forma di comunicazione. Questa, infatti, distrugge la società; soffoca la speranza e noi, non solo come cristiani ma proprio come uomini e donne di buona volontà, dobbiamo essere seminatori di speranza. Questo non vuol dire tacere le ingiustizie ma testimoniare che “Ci può essere salvezza. Ci deve essere salvezza”.
Francesco (il papa, non il mio vicino) ha detto ai presenti che il lavoro comunicativo “costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. ‘Padre, io sempre dico le cose vere…’ – ‘Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?’”. Ed è proprio così, lo vedo anche nel mio lavoro: le persone vogliono testimoni autentici. Se ciò non mi fosse chiaro, Rosario Carello, giornalista RAI presente ad uno degli appuntamenti pomeridiani, ha detto che abbiamo bisogno di racconti reali. Per fare ciò, aggiungo io, dobbiamo educarci all’ascolto prendendo a modello colui che con la comunicazione ha cambiato il cuore di molti: Gesù Cristo.
Nessun commento:
Posta un commento