Gentilezza e vivere civile

“Hai visto che quella donna, oggi, ti ha ringraziato?”

“Quale?”

“Quella che hai fatto attraversare.”

“Ormai non ci faccio più caso.”

“Vabbè, sei stato gentile…”

“No, sono stato civile. Quella poveretta era sulle strisce pedonali da chissà quanto tempo. Era mio dovere fermarmi.”

“E questa non è gentilezza?”

“Quanto sei ingenuo MiniG. Vivi troppo tra i tuoi LEGO.”

“Che poi sono i tuoi…”

“Certo, ma io sono generoso e ti lascio giocare. Ecco, questa è gentilezza.”

“Quindi la gentilezza è un di più?”

“No, dovrebbe essere la regola. Forse quella più importante per il vivere civile.”

“Eh! Vedi che vivere civile e gentilezza sono legati? Ho ragione io!”

“Mah… la gentilezza rende più bello il vivere civile. Vedi, se non sono abituato ad atti di gentilezza non posso essere civile. Se non faccio entrare la mia vicina di casa in ascensore prima di me perché la vedo con le mani piene di busta della spesa, non vedo nemmeno qualcuno che ha diritto ad attraversare sulle strisce pedonali.”

“Potevi prendergliele le buste…”

“Secondo te non l’ho fatto? Sei un omino di poca fede…”

“Vabbè, tu sei esagerato. Al supermercato perdi sempre il turno alla cassa.”

“Sì, se faccio passare avanti chi deve pagare solo poche cose rispetto alle mie, mi sento meglio.”

“Poi, a te, non capita mai. Ricordi la fila interminabile per pagare una sola bottiglia di latte?”

“Certo, ma, chissà, magari qualcuno viene colpito dal mio gesto e, un giorno, ricambierà il gesto con qualcun altro, il quale farà lo stesso con un’altra persona e così via si forma una catena e, prima o poi, toccherà a me passare davanti.”

“E magari si fermeranno tutti alle strisce pedonali.”

“Quello è lo scopo finale.”

“A proposito: quel giorno che volevi dare un calcio nella macchina di quello che ti ha visto che stavi per attraversare sulle strisce ma non si è fermato sei stato poco gentile.”

“No. Sono stato caritatevole.”

“In che senso?”

“La prossima volta. Ora ho fame e devo mangiare.”