sabato 6 gennaio 2018

Non torneremo da Erode

Non torneremo da Erode. L'avevamo detto, giurato, deciso, scritto sugli striscioni, stampato sulle magliette 13 anni fa a Colonia. 
Il problema è che da Erode ci sono tornata lo stesso centinaia di volte in questi anni. Il problema è che non è sufficiente deciderlo una volta per tutte.
Sono tornata da Erode tutte le volte che ho agito come se non avessi fatto esperienza di Dio nella mia vita. Ci sono ritornata ogni giorno in cui non ho amato. Ci sono tornata tutte le volte in cui ho pensato che la mia vita posso gestirla come mi pare. Ci torno ogni istante in cui vivo secondo i miei tempi e le mie modalità e non lascio fare ai tempi e i modi di Dio. Ci torno ogni volta che trasformo il Vangelo in ideologia, che lo piego alle interpretazioni che mi fanno comodo, che mi sento a posto con la coscienza per averlo applicato come un "compito per casa". Invece il Vangelo, Gesù, non sono un compito per casa, sono un'esperienza viva e vitale. Non possono farti sentire comoda, devono scomodare, devono farti stancare, sudare, lottare. Come disse una volta un mio amico, se non ti fa fatica vuol dire che non stai amando.
Caro Erode mi freghi ogni volta. Ma credere che Gesù è risorto significa questo, che tutto nella mia vita può risorgere, che tornare per un'altra strada è sempre possibile. Già da questo istante.

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