Cari italiani,
chi vi scrive è un
giovane. Non è che questo termine mi si addica tanto. Ho superato i
trentanni e non credo di far parte della fascia “giovanile”.
Tuttavia, in Italia siamo abituati a definire giovane chiunque non
abbia superato i quarantacinque anni (Renzi, neosegretario del PD, è
considerato giovane e ha superato i quarantanni). Vi scrivo su questo
spazio piccolo. In verità non sono nemmeno sicuro che leggerete
queste parole. Non voglio annoiarvi con le solite polemiche del
giovane laureato che lavora come precario e che non vedrà la
pensione prima di morire. Non mi interessa farlo in questa lettera.
Vi scrivo per farvi
aprire gli occhi. Per farvi rendere conto di come gli estremismi
stanno mobilizzando il paese. Fascismi di destra e di sinistra (con
la responsabilità morale di chi non condanna fermamente questi
terrorismi) da troppo tempo tengono in pugno l'Italia. Questi da anni
(meglio decenni) hanno smorzato il dialogo politico in questo paese.
Lo hanno spento facendoci respirare un'aria da dopoguerra. Quello che
sta accadendo in questi giorni con il movimento dei forconi (che di
contadino hanno poco ma di fascismo hanno tanto) e le “lotte” dei
No TAV per impedire la costruzione di una linea ferroviaria sono
degli esempi di come i facinorosi possono prendere piede in Italia.
Con una facilità impressionante riescono a tenere scacco lo Stato
che quando interviene viene additato come cattivo.
In queste ore quello che
mi preoccupa di più è la deriva fascista della protesta dei
“forconi”. Le manifestazioni che mi hanno sempre spaventato sono
quelle in cui ci sono troppe bandiere rosse e quelle in cui ci sono
troppi tricolori. Ascoltare e leggere slogan del tipo “gli italiani
si fermano” mi spaventa. Per primo vorrei chiedere a voi se vi
sentite rappresentati da queste persone. Se lo siete vi chiedo scusa.
Ho dato per scontato che in molti, come me, pensino “chi li
autorizza a parlare e a manifestare a nome mio? Chi li autorizza a
minacciare negozianti o ad entrare in librerie intimando di chiudere
in nome del popolo italiano?”. Gli unici che sono autorizzati a
parlare a nome mio sono il Parlamento (che ho delegato con il mio
voto) e i giudici. In democrazia funziona così. Forse, però, ho
perso qualche pezzo. Forse c'è stato un referendum una votazione che
ha scelto questa minoranza facinorosa a protestare il disagio a nome
di tutti e io non sono andato a votare. Non so. Apriamo gli occhi e
non lasciamoci infinocchiare da questi populismi da quattro soldi,
non lasciamoci attirare da coloro che incitano colpi di stato o che
vogliono bloccare la nazione (addirittura marciare su Roma) con
motivazioni che possono sembrare giuste. I regimi che nascono dalla
violenza hanno governato con la violenza. È sempre stato così. La
nostra è una democrazia, malata, stesa in un letto di ospedale ma
pur sempre democrazia. I medici? Quelli siamo noi. Torniamo ad
affezionarci alla politica. Cerchiamo insieme il bene comune. Se i
politici non ci ascoltano pazienza. Ci faremo ascoltare ma non
bruciando strade o facendo guerriglia contro la polizia. Dobbiamo
educarci al bene comune. Infatti, se non abbiamo bene in mente cosa
sia come vogliamo che i politici ci ascoltino? Le proteste fine a se
stesse e che seguono logiche politiche che non vediamo (o non
vogliamo vedere) sono sterili. Non portano frutto ma solo ulteriore
malcontento. È giunta l'ora di rimboccarci le maniche e lavorare
insieme per il bene comune andando oltre alle nostre ideologie che
spesso sono legate a schemi che la storia ha cancellato.
Chiedo ancora scusa a
quei pochi che hanno letto questa lettera.
Vi saluto fraternamente
un italiano qualsiasi
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