Lo so che sto per toccare un
tema molto delicato per il quale ci saranno incomprensioni e,
probabilmente, delle imprecisioni. Cercherò di essere il più
chiaro e possibile e tenterò, già so che lo farò con scarsi
risultati, di restare in un ambito laico per scrivere quello che
penso sulla castità. Questa riflessione nasce da un confronto che ho
avuto con una mia vecchia (non in senso anagrafico, non voglio
offendere nessuno) collega universitaria sul tema della castità. La
mia collega non capisce come le persone possano vivere la castità e
classifica, con una certa forzatura, coloro che vivono la castità e
ne esaltano la virtù in tre categorie. Nella prima sarebbero
presenti tutti coloro che non riescono ad avere esperienze sessuali.
Nella seconda sono presenti coloro che, secondo lei, non sono mai
stati oggetto di desiderio di alcuno e che trovano nella castità la
propria ragione di essere. Nella terza categoria sono presenti coloro
che hanno avuto delle esperienze sessuali pessime e che invece di
migliorarsi sono passati dalla parte della “tifoseria” della
castità facendo di necessità virtù. La mia vecchia collega,
inoltre, non riesce a spiegarsi come si possa avere una padronanza
del corpo e a non eccitarsi alla vista di “tette e culi”. Davanti a questa esternazione
sono rimasto alquanto perplesso per due motivi: il primo riguarda una
sfera personale e l'altro la concezione che si ha del significato
della castità.
Non nego che ho fatto una certa
difficoltà a ritrovarmi in una di queste tre categorie e, come me,
credo che anche altri miei amici potrebbero averla. Tuttavia, non
posso affermare con certezza che non ci siano persone che si
rapportano alla castità a causa delle tre motivazioni accennate
dalla collega.
La seconda perplessità nasce
dal fatto che, credo, non sia ben chiaro cosa sia la castità. Nel
linguaggio comune questa viene associata ad un'assenza totale di
rapporti sessuali, ad un controllo forzato dei propri istinti
sessuali ma la castità non è questo, anzi, non è solo questo. La
castità non si ferma ad una sola definizione. Esistono diverse forme
di castità. Il “Catechismo della Chiesa Cattolica” afferma che
ogni battezzato è chiamato a vivere la castità ognuno secondo la
propria vocazione. Quindi non solo preti, religiosi e religiose sono
chiamati alla castità ma tutti, anche fidanzati e sposati. Quindi
cosa è questa castità? Come possono vivere in castità una coppia
di coniugi se il matrimonio ha come uno dei fini la fecondità?
Sembrerebbe un paradosso ma non è così. Se andiamo a fondo ci
rendiamo conto che la castità non si può ridurre al semplice “non
fare l'amore” ma il concetto si articola. La castità è, in
realtà, una condizione dell'amore che lo difende da tutte le forze
sia esterne che interne che potrebbero distruggerlo. Una persona
casta, quindi, è colei che accetta la propria sessualità e la
integra con la propria persona, moderando, ma non eliminando,
l'attrattiva dei piaceri e creare un equilibrio nell'uso della
sessualità.
Per castità non si intende
“sessuofobia” (Youcat, 404). Una persona casta vive la propria
sessualità non cedendo ai propri desideri ma in modo consapevole dal
punto di vista dell'amore. Quindi è casto chi è aperto all'amore e
non è schiavo delle proprie pulsioni e passioni e tutto ciò che
aiuta una persona a diventare matura nelle proprie relazioni, libera
e capace di amare, aiuta anche a raggiungere l'amore casto. Lasciarsi
prendere dalle proprie pulsioni porta l'uomo all'infelicità. E non
scrivo questo perché sono cristiano ma perché ho potuto
sperimentare queste dinamiche sulla mia pelle.
Anni fa avevo una fidanzata con
la quale non vivevo un rapporto casto, durante il periodo che eravamo
insieme mi rendevo conto che l'unica cosa che mi faceva continuare a
stare con lei era solamente il voler fare sesso con lei. Mi ero
legato alla mia pulsione, il solo pensiero di non poterla più avere
in termini sessuali mi spingeva a restare con lei. Alla fine l'ho
lasciata perché non ero felice. Sentivo che non potevo fermarmi ad
un futile atto sessuale.
Oggi, invece, sono fidanzato e
mi sforzo a vivere la castità dei fidanzati, ciò non vuol dire che
non provo attrazione fisica per la mia fidanzata (anzi). Il vivere la
castità mia aiuta a non legarmi alle pulsioni sessuali e a fondare
il mio rapporto su basi più profonde e più robuste. La castità,
infatti, significa amare in maniera indivisa e non essere schiavo di
una pulsione.
Spesso la Chiesa Cattolica viene
accusata di voler far assopire i piaceri erotici ma non è così. Il
corpo, il piacere e la gioia erotica hanno un'importanza fondamentale
e chiunque definisca la sessualità come un male contraddice il
Cristianesimo. Basti pensare che il “Cantico dei cantici” esalta
la sessualità in modo esplicito, senza usare mezzi termini. La cosa
fondamentale è non fare della sessualità un idolo. L'atto sessuale
non può essere fine a se stesso, non può diventare il centro dei
nostri rapporti.
Non so se sono stato chiaro. Non
so nemmeno se la mia vecchia collega universitaria abbia capito le
mie ragioni (in verità non ho questa pretesa), però sento che c'è
tanta confusione sulla castità che spinge chi sceglie stili di vita
diverse dal mio a denigrare il mio. Tuttavia, continuo sulla mia
strada difficile con la speranza, anzi la certezza, di costruire la
mia vita nel segno dell'amore vero, puro e bello, senza demonizzare chi non sceglie la castità e con la speranza di non essere offeso per il mio stile di vita.
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