sabato 5 aprile 2025

Se la ami

Se la ami non legarla a te
ma sciogli la sua pena.

Se la ami non forzarla,

ma lasciala libera.

Se la ami lasciala gridare,

non spegnere la sua rabbia.

Se la ami donale la spada,

ma non trafiggere il suo cuore.

Se la ami lasciala lottare,

che trovi in te un alleato e non un nemico.

Se la ami accarezza il suo dolore

e non colpire il suo viso.

Se la ami raccogli il suo pianto

e non essere la causa delle sue lacrime.

Se la ami non giustificare la violenza

ma fai un passo verso la libertà.

Se la ami prendi la mano anche delle sue sorelle,

solo insieme si vince l’odio.

Se la ami prendi la sua mano

ma lasciala se lei vuole camminare sola.

venerdì 4 aprile 2025

Quinto passo verso Pasqua: dissetarsi

Bere è uno dei bisogni primari dell’uomo. L’acqua, infatti, è importante per il buon funzionamento del nostro organismo. Lo sa bene chi vive in paesi in cui questo bene primario scarseggia. L’acqua è funzionale al corpo, all’agricoltura e all’allevamento. Senza di essa non potremmo sopravvivere.

Dissetarsi è essenziale. Spesso, però, noi abbiamo sete di altro: di cultura, di sport e tanti altri nostri interessi. Non sono cose di cui possiamo farne a meno perché ci fanno sentire vivi. Io, per esempio, senza i libri e senza i miei Lego non saprei stare.

Abbiamo “sete” anche quando sentiamo una carenza d’amore. Questa è una sete rischiosa perché, spinti da questo bisogno importante, rischiamo di andare ad abbeverarci a fonti che sono distruttive per noi e per chi ci sta accanto. Per noi cristiani la bussola che ci guida verso fonti d’amore giuste è Gesù: è lui che ci insegna quale strada percorrere per sentirci amati e restare lontani dalle tentazioni del diavolo. Tuttavia, Cristo ci insegna anche come dobbiamo dissetare chi ne ha bisogno: con verità. Se uno ha sete e non gli dai acqua da bere, gli fai un danno enorme. Lo sa bene Gesù che, dalla croce, chiede acqua e gli porgono aceto. Chiede sollievo e gli danno altro dolore.

 

giovedì 3 aprile 2025

Un amore che non porta frutto

Mi sono innamorato dell’album Furesta de La Niña perché è una raccolta di brani che cantano la rabbia e il riscatto.

Di tutto l’album, però, la frase che porto fissa nel cuore e nella mente è quella che ho evidenziato nell’immagine condivisa. È un verso di forte impatto, che non può lasciare indifferente, che deve lasciare riflettere sulla condizione di una città da tanto amata da un amore malato, di un amore “mordi e fuggi”, quello di una botta e via. Che poi, pensandoci, questo non è neanche amore ma infatuazione sterile che non fa impegnare in un rapporto duraturo che ti fa vedere pregi e difetti del soggetto amato perché, lo sappiamo, l’innamoramento è diverso dall’amore.

Napoli come Roma, Milano, Venezia e tante altre città. Quando si punta su questo “mordi e fuggi” il primo a soffrire è il tessuto sociale perché questo si sfalda, si perde il sentirsi comunità e una società senza di essa non è feconda. 

martedì 1 aprile 2025

Speranza: antidoto alla stasi missionaria

Il contrario della speranza è la disperazione. Possiamo accorgercene leggendo il Vangelo. Infatti, dopo la morte in croce di Cristo, gli apostoli erano disperati, sbandati. Loro non sapevano cosa fare. Sì erano chiusi nel cenacolo ed erano fermi, portando su di essi il peso della sofferenza perché il maestro, il loro maestro era morto. Avevano perso la speranza.

Poi è avvenuto il miracolo e la disperazione è andata via perché la resurrezione l’ha trasformata. Non l’ha cancellata ma trasformata in speranza. Noi cristiani siamo i testimoni di questa speranza. Lo so che è difficile. Come si fa a testimoniare la speranza quando la nostra vita porta dei dolori? Come si fa a testimoniare la speranza quando ci sentiamo soffocare e non troviamo una via d’uscita? Io non so dare una risposta perché ognuno ha la sua storia e dare facili soluzioni sarebbe una violenza. Posso solo indicare il Crocifisso e sottolineare che le piaghe del Cristo non sono andate via con la resurrezione. Quelle restano li, come restano impresse nella nostra mente e nel nostro cuore le sofferenze che ci accompagnano. Tuttavia, noi siamo chiamati a viverle nella speranza, non aggrappate ad esse ma trasformarle.

Con la speranza della resurrezione gli apostoli smettono di essere chiusi e trovano la loro spinta missionaria. È dopo la resurrezione che hanno il mandato da Gesù di andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo, di testimoniare quella speranza che avevano, ormai, fatta loro. Perché la speranza non è, come qualcuno l’ha definita, la “virtù debole”, non è un aggancio al quale aggrapparci per avere una consolazione che non arriva: la virtù dei disperati appunto.