venerdì 25 aprile 2025

Un ultimo saluto

Ieri l’invito ad andare a pregare accanto alla tomba di Francesco. Stamattina la grazia di averlo potuto fare e farlo come coppia perché come tale ti abbiamo conosciuto.

È dal fidanzamento, quando lo abbiamo incontrato il 14 febbraio 2014, che la figura del Papa ci accompagna. Ricordo il suoi consigli sul non andare a letto senza aver fatto la pace e le tre parole, permesso, grazie e scusa, che devono accompagnare tutti i rapporti. Consigli sani, visto le difficoltà che abbiamo incontrato nei primi anni. Quella concretezza è stata tra le cose che ha salvato il nostro matrimonio.

Nel 2022, otto anni dopo quel primo incontro, abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo di nuovo. Non ce l’ho fatta e dovetti dirglielo: “Santità, noi mettiamo in pratica i suoi consigli: non andiamo a dormire se non facciamo la pace e usiamo le tre parole”. Ci sorrise e aggiunse che facevamo bene perché poi sono dolori di pancia.

Oggi gli abbiamo affidato le persone a noi care, le nostre comunità, i nostri progetti, la nostra missione cristiana (anche quella nel digitale) e la Chiesa. Soprattutto la Chiesa.

80 anni di Liberazione

Dopo tutti questi anni ha ancora senso festeggiare la liberazione dal nazi-fascismo.

Perché la Liberazione è per tutti: per essa hanno lottato donandola a me, a te, a noi.

Perché la Liberazione ci dona quello slancio patriottico che ogni tanto assopiamo cedendolo a coloro che, di questo slancio, ne fanno un uso autoreferenziale, aggressivo e di chiusura.

Perché la Liberazione è di coloro che l’hanno vissuta ma anche di quelli che ne gustano i frutti dopo 80 anni. I suoi valori sono dentro di noi.

Perché la Liberazione è il promemoria storico che indica la strada da non percorrere, che ci ricorda che il male può tornare perché è sempre fuori la porta della Storia pronto ad aggredirci.

Perché la Liberazione è anche per coloro che la descrivono con retorica enfasi.

Perché la Liberazione non appartiene solo di coloro che vorrebbero definirsi come unici detentori, dimenticando gli eroi che non erano del loro colore politico.

Perché la Liberazione è anche per quelli che vorrebbero questo ricordo cancellato.

Perché la Liberazione è di tutti i colori: rossa come il sangue versato, azzurra come il cielo che ci fa stare a testa alta, bianca come la purezza, verde come la speranza.

venerdì 18 aprile 2025

Settimo passo verso Pasqua: germogliare

Gesù lo aveva annunciato: “se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.” (Gv 12,24). Nel dubbio che noi non avessimo capito bene, ha vissuto sulla sua pelle questo morire.

Sulla croce, infatti, ha donato la sua vita per noi ma la sua morte non è sterile perché ha portato molto frutto. Dalla croce è germogliata una vita nuova, una nuova alleanza la quale ci ricorda che non abbiamo bisogno di comprare la misericordia di Dio. Gesù ha acquistato con il suo sangue la nostra salvezza ed è ad esso che dobbiamo dissetarci quando ci sentiamo morti, quando la nostra croce diventa pesante. Sarà il sangue di Cristo il concime che farà germogliare una nuova vita. A noi resta solo andare avanti con la certezza che quel dolore è preludio di resurrezione. Perché ognuno di noi, in fondo, è il fiore più bello che possa esserci nel giardino di Dio. Dobbiamo solo rendercene conto per non appassire.

 

venerdì 11 aprile 2025

Sesto passo verso Pasqua: affidarsi

Quanta fatica facciamo ad affidarci agli altri, ci costa troppo. Abbiamo timore ad affidarci e l’abbiamo per due motivi: per non essere di peso e per orgoglio.

Non vogliamo dare fastidio agli altri e non ci rendiamo conto che non siamo chiamati a vivere da soli (gli eremiti sono una bellissima eccezione). Abbiamo bisogno dei fratelli perché non possiamo fare tutto in solitudine. Possiamo rendercene conto quando andiamo da un medico oppure quando abbiamo bisogno di un tecnico (idraulico, elettricista, meccanico). Per tutte le cose che non possiamo arrivarci da soli, abbiamo bisogno di qualcuno che ne capisca e ci aiuti. Ci dobbiamo riconoscere limitati per poter seguire Cristo sulla via tracciata da lui. Sul Calvario, nel momento più duro della sua vita, si è affidato al Cireneo, si è lasciato aiutare perché, in quel momento, la croce era pesante anche per lui che è Dio.

Abbiamo remore ad affidarci agli altri anche per orgoglio. Crediamo di essere onnipotenti ma non è così. Molte volte, personalmente, mi sono trovato di fronte al dover chiedere aiuto ma per orgoglio ho voluto fare da me combinando dei grandi pasticci. Con il tempo, però, ho capito che non c’era nulla di male a farlo mi sono reso conto che, in alcuni momenti, dovevo fare come i bambini: affidarmi. Tuttavia, nel farlo mi sono reso conto che devo avere fiducia di chi affido una mia difficoltà (ma anche una gioia). Perché affidare una parte di me è affidare un pezzo della mia vita. Lo sa bene Gesù che dalla croce affida il suo spirito al Padre con un fiducia filiale che gli da la certezza che la sua morte non è una sconfitta ma un atto che dona vita.

sabato 5 aprile 2025

Se la ami

Se la ami non legarla a te
ma sciogli la sua pena.

Se la ami non forzarla,

ma lasciala libera.

Se la ami lasciala gridare,

non spegnere la sua rabbia.

Se la ami donale la spada,

ma non trafiggere il suo cuore.

Se la ami lasciala lottare,

che trovi in te un alleato e non un nemico.

Se la ami accarezza il suo dolore

e non colpire il suo viso.

Se la ami raccogli il suo pianto

e non essere la causa delle sue lacrime.

Se la ami non giustificare la violenza

ma fai un passo verso la libertà.

Se la ami prendi la mano anche delle sue sorelle,

solo insieme si vince l’odio.

Se la ami prendi la sua mano

ma lasciala se lei vuole camminare sola.

venerdì 4 aprile 2025

Quinto passo verso Pasqua: dissetarsi

Bere è uno dei bisogni primari dell’uomo. L’acqua, infatti, è importante per il buon funzionamento del nostro organismo. Lo sa bene chi vive in paesi in cui questo bene primario scarseggia. L’acqua è funzionale al corpo, all’agricoltura e all’allevamento. Senza di essa non potremmo sopravvivere.

Dissetarsi è essenziale. Spesso, però, noi abbiamo sete di altro: di cultura, di sport e tanti altri nostri interessi. Non sono cose di cui possiamo farne a meno perché ci fanno sentire vivi. Io, per esempio, senza i libri e senza i miei Lego non saprei stare.

Abbiamo “sete” anche quando sentiamo una carenza d’amore. Questa è una sete rischiosa perché, spinti da questo bisogno importante, rischiamo di andare ad abbeverarci a fonti che sono distruttive per noi e per chi ci sta accanto. Per noi cristiani la bussola che ci guida verso fonti d’amore giuste è Gesù: è lui che ci insegna quale strada percorrere per sentirci amati e restare lontani dalle tentazioni del diavolo. Tuttavia, Cristo ci insegna anche come dobbiamo dissetare chi ne ha bisogno: con verità. Se uno ha sete e non gli dai acqua da bere, gli fai un danno enorme. Lo sa bene Gesù che, dalla croce, chiede acqua e gli porgono aceto. Chiede sollievo e gli danno altro dolore.

 

giovedì 3 aprile 2025

Un amore che non porta frutto

Mi sono innamorato dell’album Furesta de La Niña perché è una raccolta di brani che cantano la rabbia e il riscatto.

Di tutto l’album, però, la frase che porto fissa nel cuore e nella mente è quella che ho evidenziato nell’immagine condivisa. È un verso di forte impatto, che non può lasciare indifferente, che deve lasciare riflettere sulla condizione di una città da tanto amata da un amore malato, di un amore “mordi e fuggi”, quello di una botta e via. Che poi, pensandoci, questo non è neanche amore ma infatuazione sterile che non fa impegnare in un rapporto duraturo che ti fa vedere pregi e difetti del soggetto amato perché, lo sappiamo, l’innamoramento è diverso dall’amore.

Napoli come Roma, Milano, Venezia e tante altre città. Quando si punta su questo “mordi e fuggi” il primo a soffrire è il tessuto sociale perché questo si sfalda, si perde il sentirsi comunità e una società senza di essa non è feconda. 

martedì 1 aprile 2025

Speranza: antidoto alla stasi missionaria

Il contrario della speranza è la disperazione. Possiamo accorgercene leggendo il Vangelo. Infatti, dopo la morte in croce di Cristo, gli apostoli erano disperati, sbandati. Loro non sapevano cosa fare. Sì erano chiusi nel cenacolo ed erano fermi, portando su di essi il peso della sofferenza perché il maestro, il loro maestro era morto. Avevano perso la speranza.

Poi è avvenuto il miracolo e la disperazione è andata via perché la resurrezione l’ha trasformata. Non l’ha cancellata ma trasformata in speranza. Noi cristiani siamo i testimoni di questa speranza. Lo so che è difficile. Come si fa a testimoniare la speranza quando la nostra vita porta dei dolori? Come si fa a testimoniare la speranza quando ci sentiamo soffocare e non troviamo una via d’uscita? Io non so dare una risposta perché ognuno ha la sua storia e dare facili soluzioni sarebbe una violenza. Posso solo indicare il Crocifisso e sottolineare che le piaghe del Cristo non sono andate via con la resurrezione. Quelle restano li, come restano impresse nella nostra mente e nel nostro cuore le sofferenze che ci accompagnano. Tuttavia, noi siamo chiamati a viverle nella speranza, non aggrappate ad esse ma trasformarle.

Con la speranza della resurrezione gli apostoli smettono di essere chiusi e trovano la loro spinta missionaria. È dopo la resurrezione che hanno il mandato da Gesù di andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo, di testimoniare quella speranza che avevano, ormai, fatta loro. Perché la speranza non è, come qualcuno l’ha definita, la “virtù debole”, non è un aggancio al quale aggrapparci per avere una consolazione che non arriva: la virtù dei disperati appunto.