lunedì 29 luglio 2019

Pensieri in casa famiglia

Non posso parlarvi dei fatti di Bibbiano, la vicenda è complicata e scandalosa e le indagini verificheranno quello che è accaduto. Su questa vicenda posso solo, brevemente, dire due cose.
La prima è che questa vicenda infanga l’ottimo lavoro che molti operatori dei servizi sociali effettuano ogni giorno: lavoro di persone oneste che mettono da parte ogni interesse personale (se mai ce ne fossero) e sacrificandosi ogni giorno per il bene dei minori che gli vengono affidati.
La seconda cosa che mi sta a cuore è il clima d’odio che una parte politica sta creando verso gli operatori del sociale e in particolare contro le case famiglia. Questa parte politica, come ho già scritto tempo fa, trova terreno fertile in una vasta area di persone che per ignoranza, per poca informazione o semplicemente perché si sente autorizzato a poter esternare il proprio odio è pronta a sparare sentenze estendendo i difetti degli altri (quelli di Bibbiano per esempio) a tutti quelli che lavorano onestamente.
In questi giorni ho letto cose assurde sulle case famiglia. Tralasciando le bufale sui 400€ giornalieri a bambino (credetemi è una cifra lontana dalla realtà) c’è una frase che ho letto e che mi ha fatto tanto male. Su un commento ad un articolo qualcuno ha scritto che le case famiglie sono dei luoghi anafettivi e di rieducazione affettiva. Queste due parole sono state delle vere e proprie pugnalate. Ho visto tanti minori ricevere l’affetto che non hanno ricevuto nelle loro famiglie d’origine. Un affetto reale fatto d’amore e anche di tanti “no”, di quelli che fanno crescere. Lo so bene che per un minore è difficile capire: cosa c’è più importante dei propri genitori? Perché non posso stare più con loro? I bambini, spesso, non vedono le difficoltà dei propri genitori (e non parlo di difficoltà economiche); spesso non riconoscono la violenza di un padre o le difficoltà affettive di una madre. I bambini che vengono affidati alle case famiglia (naturalmente parlo della mia esperienza) sanno che si lavora principalmente per il loro bene e che per alimentarlo, purtroppo, sono costretti a vivere lontano dai genitori in luoghi che (sempre per la mia esperienza) non sono affatto dei luoghi di rieducazione affettiva. Aiutare un minore a rendersi consapevole delle difficoltà dei propri genitori e a viverle nel momento che tornano a casa (eh, sì! I minori in casa famiglia spesso tornano a casa con i genitori dopo un percorso di crescita genitori-bambino, non rapiamo nessuno). Questo non significa rieducare il minore ma donargli un mezzo per farlo crescere ed eliminare in lui il senso di colpa di quello che sta accadendo.
Con questo non voglio dire che il sistema è perfetto. Tutto è migliorabile e io mi auspico che questo cambiamento in positivo possa avvenire presto. Tuttavia, questo non avviene incolpando quelli che lavorano con onestà e abnegazione (quante volte ho dovuto telefonare mia moglie per dirle che tornavo più tardi a casa perché non potevo lasciare quello che stavo facendo); non puntando il dito contro coloro che vogliono fare del bene solo perché il politico che tanto si idolatra dice che è così, perché ha indicato un nuovo nemico contro cui scagliarsi. Prima le ONG ora i lavoratori del sociale, di questo passo smantellano la solidarietà. Facciamo in modo che questo non avvenga. Restiamo umani.

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