lunedì 2 maggio 2016

Una poetica ribelle

La morte di Panagùlis fu una morte tragica, causata il primo maggio  del 1976, da un misterioso incidente stradale a Glyfada, la sua città natale, un incidente che ancora oggi è coperto da un velo di mistero.
Sono trascorsi quaranta anni dalla scomparsa dell’intellettuale greco e il dibattito in merito al suo rapporto malsano e drammatico con il potere resta quanto mai aperto. Per alcuni è stato un grande poeta, per altri un martire della libertà, per altri ancora semplicemente un estremista. In seguito alla sua morte è stato etichettato come eroe e la Grecia gli ha conferito numerose onorificenze e intestazioni di vie e piazze. 
Alekos, arrestato e condannato a morte (sentenza capitale che fu tramutata in carcere duro), fu conosciuto a livello internazionale per aver attentato alla vita del colonnello Papadopulos, reggente (in verità dittatore) della Grecia governata da un violento regime militare chiamato "dei colonnelli" (1967-1974). Oltre che per le sue lotte politiche, Panagulis, fu conosciuto anche per le sue poesie. Tutte le sue opere sono imprendiscibilmente legate alle sue esperienze di vita. Mi riferisco in questo senso alle sue due raccolte di poesie, emblemi, insieme alla sua vita, del binomio intellettualità-potere.
I titoli delle due raccolte sono: Altri seguiranno: poesie e documenti dal carcere di Boyati del 1972, che gli è valsa il Premio Viareggio Internazionale, e Vi scrivo da un carcere in Grecia del 1973. Entrambe le raccolte furono scritte durante i terribili anni della prigionia quando, a causa del duro regime carcerario a cui era sottoposto, spesso non aveva carta e penna e scriveva, quando costretto da questi eventi, con il sangue su pezzi di carta sparsi. Le due raccolte furono pubblicate in Italia e hanno, sia la prima che la seconda, un’introduzione del suo amico Pier Paolo Pasolini.
Purtroppo le sole opere non sono servite per un risvolto positivo della sua lotta: la sua resistenza letteraria e intellettuale fu accompagnata da un resistenza più dura, un resistenza che alla penna affianca i fucili, anzi le bombe.
Panagùlis fu vittima inconsapevole della solitudine dell’individuo che rifiuta di essere catalogato, schematizzato, incasellato dalle mode, dalle società, dal Potere. […] eroe che si batte da solo per la libertà e per la verità senza arrendersi mai, e per questo viene ucciso da tutti: dai padroni e dai servi, dai violenti e dagli indifferenti” (Fallaci, 1997, p. 135). Egli fu uno dei pochi intellettuali che per le sue idee, e soprattutto per la volontà di portarle avanti contro chi voleva cucirgli la bocca, ha pagato con un prezzo altissimo: la propria vita.

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