mercoledì 5 gennaio 2022

Con gli adolescenti: autenticità, accettazione ed empatia

I cambiamenti storici e tecnologici ci spaventano. Abbiamo paura che i nostri ragazzi siano inermi e meri spettatori di ciò che li circonda. Tuttavia, siamo noi adulti che dobbiamo aiutarli a creare le condizioni migliori per la loro crescita. Ma come possiamo fare? Quali sono gli strumenti che possiamo utilizzare?

Lo psicologo Carl Rogers ci può aiutare suggerendoci quelli che lui individua come i pilastri del nostro “modo di essere” che potremmo portare nei nostri rapporti con gli adolescenti: autenticità, accettazione ed empatia.

Cosa significa essere autentici? Per essere autentici dobbiamo permettere ai nostri ragazzi di potersi rendere conto di chi hanno di fronte. Per essere autentico, un adulto, deve accettare i propri sentimenti, le proprie idee e gli impulsi che gli appartengono come parte maturante di se. Questo ci permette di non stare sulla difensiva. Inoltre, per essere autentici dobbiamo avere cura di noi stessi; essere sereni, che non significa non avere problemi ma rendersi conto che questi esistono. Noi adulti dobbiamo essere aperti alle nuove idee e ad avere un’intimità che porti ad un coinvolgimento reale dei nostri ragazzi.

L’autenticità si accompagna con l’accettazione. Infatti, se vogliamo centrare i nostri interventi educativi sui nostri adolescenti, dobbiamo accettare ciò che essi sono in quel momento. Questo ci permette di vedere i ragazzi per quello che sono, con le loro paure, i loro dubbi e la loro storia. L’accettazione fa in modo che noi adulti di non ci poniamo con un atteggiamento giudicante nei loro confronti.

L’empatia, invece, ci permette di percepire quello di cui i ragazzi sono portatori: sentimenti e significati personali che questi provano nel loro “qui ed ora”. Il rapporto empatico implica che noi adulti dobbiamo metterci da parte, lasciare le nostre convinzioni per poter entrare in sintonia con quello che gli adolescenti stanno vivendo. Tutto ciò è permesso grazie ad un ascolto empatico che fa concentrare l’attenzione su tutto quello che riguarda loro.

Questo approccio, se ci pensiamo, è rivoluzionario perché potrebbe portare alla nascita di comunità centrate sulla persona dove si crea un clima di fiducia in cui la curiosità potrebbe essere nutrita e valorizzata e che potrebbe spingere gli adolescenti ad impegnarsi in modo partecipativo nel prendere decisioni concernenti gli aspetti del lavoro educativo. Non solo ma in queste comunità i ragazzi potrebbero giungere ad apprezzare e accettare se stesse e tutti i cambiamenti che affrontano. Gli adolescenti, in questo modo, potrebbero trovare una stimolazione nella scoperta intellettiva ed emozionale che li porterebbe a proseguire per tutta la vita il loro percorso di apprendimento ed essere a loro volta autentici, accettanti ed empatici.

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