sabato 16 giugno 2012

Chiara Corbella



Devo essere onesto. Prima di mercoledì non sapevo chi fossero Chiara ed Enrico. Non sapevo con quale fede e quale affidamento totale avessero vissuto il Vangelo. Non sapevo del loro matrimonio e delle due gravidanze portate avanti nonostante le ecografie avessero mostrato un'anencefalia alla prima bimba e, in quella del secondo bimbo, una malformazione che l'avrebbe fatto nascere senza gambe e fatto morire di li a poco. Non sapevo che i due avessero deciso insieme di portare avanti le due gravidanze. Non sapevo che avessero pregato insieme vicino alle piccole tombe dei loro due figli appena nati. Non sapevo che durante la terza gravidanza fosse stato diagnosticato a Chiara un carciroma. Non sapevo che avesse rifiutato le cure (per poi iniziarle dopo il parto) per non mettere a rischio il piccolo Francesco che, intanto, cresceva nel suo ventre. Non sapevo della loro storia prima della nascita di Chiara al cielo avvenuta qualche giorno fa.

Aveva 28 anni. Era di due anni più piccola di me ma viveva un'affardirsi completamente a Dio che posso solo invidiare. Guardo la foto che sta girando in rete in questi giorni ma solo oggi ho notato il sorriso che distingue questi due ragazzi. Un sorriso nella sofferenza che solo chi segue Dio riesce ad avere. Un sorriso che vorrei avere (e che mi sforzo di avere) nelle tante difficoltà della mia vita. Anche Gesù, mentre saliva il Calvario, invitava le donne a non disperarsi. Farlo, forse, non è mai il tempo giusto. Dico sempre che vivere il Vangelo non è tristezza ma gioia (che è diversa dall'allegria). 
Questo è uno dei segreti del cammino verso la santità e noi non possiamo negarlo. Anche quando andiamo contro il Mondo, quando le cose che viviamo e le conseguenti azioni sembrano andare in verso diverso da quello che ci suggerisce il "buon senso" terreno questo sorriso che nasce dall'abbandono fiducioso in Dio deve dominare. Anche in questo riconosceranno che siamo Suoi discepoli.

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