
La riposta l'ho avuta latro giorno e la voglio condividere con voi. Sto leggendo dei testi scelti di Sant'Eugenio de Mazenod, fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, congregazione missionaria a cui io, da laico, sono associato, e in una lettere a p. Tempier (uno dei suoi primi compagni, forse quello più importante per la storia della congregazione) scrive, il 22 agosto 1817: "Questo spirito di dedizione totale per la gloria di Dio, il servizio della Chiesa e la salvezza delle anime, è lo spirito della nostra Congregazione, piccola è vero, ma che sarà sempre potente nella misura in cui sarà santa. È necessario che i nostri novizi si impregnino di questi pensieri, che li approfondiscano, che li meditino spesso".
Il santo francese si riferisce ai novizi della congregazione ma la lezione è per tutti i cristiani (per me soprattutto): la misura per la salvezza nostra e degli altri è la santità. Se sono santo, nel mio presente, posso essere seme e lievito in questo mondo. Non è semplice, quando mi penso vedo me stesso lontano dall'essere santo. Tuttavia, sento che la strada è quella giusta e che devo percorrerla con chi mi circonda: mia moglie, la mia famiglia, i miei amici e la mia comunità. Perché da solo non posso farcela. Perché da solo è impossibile. Perché l'importante è essere santi e non tanti. Se siamo santi, se riuscissimo a far capire agli altri la bellezza di essere santi, questi ci seguirebbero senza ombra di dubbio perché capirebbero la bellezza di essere salvati da Gesù Cristo.
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