venerdì 5 maggio 2017

Un modo di essere (seconda parte)

La breve descrizione pubblicata ieri mette in evidenza che l’approccio centrato sulla persona ha le sue basi in una fiducia negli esseri umani. In ogni organismo, infatti, c’è un flusso che spinge la persona ad una realizzazione costruttiva delle sue specifiche possibilità. Il termine che viene usato per indicare questo processo è “tendenza attualizzante”. Questa ci aiuta a riconoscere che la vita è un processo attivo il quale non può essere distrutto (ne varrebbe della distruzione dell’organismo) ma può essere contrastato o corretto. Quindi, la chiave per capire il comportamento delle persone le cui esistenze sono state molto complicate consiste nel considerare che esse stanno lottando con le uniche modalità che sentono di avere a disposizione, per muoversi verso la crescita. Possiamo concludere affermando che la tendenza attualizzante è la base che fa da sostegno all’approccio centrato sulla persona.

Ritornando alla mia domanda iniziale, cioè, quali sono le condizioni migliori per la crescita della mia vita professionale come operatore nel sociale, posso affermare che questo approccio è rivoluzionario perché potrebbe portare alla nascita di comunità centrate sulla persona, facendo evolvere il concetto di comunità (concetto per il quale, noi occidentali, stiamo cercando di riscoprirne il senso). Questa nuova concezione è la comunità educativa.
Rogers spiega perché questo nuovo concetto di comunità sia rivoluzionario: 


  • crea un clima di fiducia dove la curiosità potrebbe essere nutrita e valorizzata;
  • potrebbe spingere gli educandi ad impegnarsi in modo partecipativo nel prendere decisioni concernenti gli aspetti del lavoro educativo;
  • la competitività distruttiva viene sostituita dalla cooperazione;
  • le persone potrebbero giungere ad apprezzare se stesse;
  • sia gli educatori che gli educandi potrebbero scoprire sempre di più in se stessi le fonti dei valori;
  • gli educandi potrebbero trovare una stimolazione nella scoperta intellettiva ed emozionale che li porterebbe a proseguire per tutta la vita il loro percorso di apprendimento.
Un educatore, per permettere questo processo, deve tenere a cuore l’”unità della persona”, cioè il luogo dove idee e sentimenti sono fusi tra di loro, in questo modo si troverà ad essere un “facilitatore” del processo educativo e anche in questo caso le tre caratteristiche della consulenza (autenticità, accettazione ed empatia) occupano un ruolo importante.
L’autenticità permette all’educatore di porsi con gli educandi senza filtri e quando ciò accade vi sono molte probabilità che egli possa dimostrare l’efficacia del suo lavoro. L’accettazione permette di comprendere la paura e l’esitazione di chi gli viene affidato rendendolo in grado di affrontare nuove situazioni (per esempio, nel mio lavoro, quando incontro ragazzi che sono costretti a vivere in casa famiglia). L’empatia, invece, permette che l’educando non si senta giudicato ma compreso nei suoi sentimenti.
Queste caratteristiche portano alla nascita di un luogo educativo centrato sulla persona, che prevede che le persone percepite come autorevoli siano sufficientemente sicure di se stesse e che condividano con gli altri attori del processo educativo la responsabilità del medesimo fornendo le risorse adatte per lo sviluppo attualizzante. Gli educandi, da parte loro, sviluppano i processi educativi in modo individuale o in cooperazione con gli altri, presupposto che crea un clima facilitante nel processo educativo.

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