lunedì 29 febbraio 2016

Fuori da te

Mi sentivo protetto: per nove mesi (almeno così mi è sembrato di capire, voi grandi non sempre siete chiari quando parlate) il calore del tuo corpo mi riscaldava il cuore. Non vedevo l'ora di uscire da te per poterti abbracciare. Tuttavia, la notte (credo sia notte, dentro era sempre buio) ti sentivo piangere e una voce di uomo cercava di calmarti facendoti credere che era essenziale questa sofferenza: "siamo poveri e abbiamo bisogno di quei soldi". Non capivo. Queste cose da grandi non mi interessavano e non mi sarebbero interessate per un bel po'. Io volevo solo uscire da te per essere abbracciato da te, volevo giocare con te ed essere baciato da te. Volevo queste cose perché sei colei che mi ha amato per nove mesi: sei la mia mamma.
Poi il giorno è arrivato e finalmente riesco a vedere uno squarcio di luce che mi porta alla vita. Hanno dovuto tagliarti perché ho fatto un po' di capricci, in fondo ho sempre voluto scherzare con te, voglio darti sin da subito qualche preoccupazione: sei mia madre. Piano pianino vengo fuori ma appena fuori da te i medici mi portano in braccia diverse dalle tue. Mi metto a piangere perché voglio te, il tuo calore, le tue braccia e il tuo seno ma i medici mi portano altrove e mi allontano da te mentre ascolto il tuo pianto di dolore. In un altra stanza mi aspettano due uomini che piangono nel vedermi. Mi abbracciano e per istinto (sono appena uscito) cerco un seno al quale aggrapparmi: è passato un po' di tempo ed ho fame e dai loro seni non esce latte. Questi uomini sono emozionati, si vede, sono loro che mi hanno portato fuori di te, fuori dalla tua vita. Questi uomini mi vorranno bene (lo spero) ma a me non interessa: io voglio la mamma.

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