giovedì 12 dicembre 2013

Lettera agli italiani (il mio Paese fermato dagli estremismi)

Cari italiani,
chi vi scrive è un giovane. Non è che questo termine mi si addica tanto. Ho superato i trentanni e non credo di far parte della fascia “giovanile”. Tuttavia, in Italia siamo abituati a definire giovane chiunque non abbia superato i quarantacinque anni (Renzi, neosegretario del PD, è considerato giovane e ha superato i quarantanni). Vi scrivo su questo spazio piccolo. In verità non sono nemmeno sicuro che leggerete queste parole. Non voglio annoiarvi con le solite polemiche del giovane laureato che lavora come precario e che non vedrà la pensione prima di morire. Non mi interessa farlo in questa lettera. 
Vi scrivo per farvi aprire gli occhi. Per farvi rendere conto di come gli estremismi stanno mobilizzando il paese. Fascismi di destra e di sinistra (con la responsabilità morale di chi non condanna fermamente questi terrorismi) da troppo tempo tengono in pugno l'Italia. Questi da anni (meglio decenni) hanno smorzato il dialogo politico in questo paese. Lo hanno spento facendoci respirare un'aria da dopoguerra. Quello che sta accadendo in questi giorni con il movimento dei forconi (che di contadino hanno poco ma di fascismo hanno tanto) e le “lotte” dei No TAV per impedire la costruzione di una linea ferroviaria sono degli esempi di come i facinorosi possono prendere piede in Italia. Con una facilità impressionante riescono a tenere scacco lo Stato che quando interviene viene additato come cattivo. 
In queste ore quello che mi preoccupa di più è la deriva fascista della protesta dei “forconi”. Le manifestazioni che mi hanno sempre spaventato sono quelle in cui ci sono troppe bandiere rosse e quelle in cui ci sono troppi tricolori. Ascoltare e leggere slogan del tipo “gli italiani si fermano” mi spaventa. Per primo vorrei chiedere a voi se vi sentite rappresentati da queste persone. Se lo siete vi chiedo scusa. Ho dato per scontato che in molti, come me, pensino “chi li autorizza a parlare e a manifestare a nome mio? Chi li autorizza a minacciare negozianti o ad entrare in librerie intimando di chiudere in nome del popolo italiano?”. Gli unici che sono autorizzati a parlare a nome mio sono il Parlamento (che ho delegato con il mio voto) e i giudici. In democrazia funziona così. Forse, però, ho perso qualche pezzo. Forse c'è stato un referendum una votazione che ha scelto questa minoranza facinorosa a protestare il disagio a nome di tutti e io non sono andato a votare. Non so. Apriamo gli occhi e non lasciamoci infinocchiare da questi populismi da quattro soldi, non lasciamoci attirare da coloro che incitano colpi di stato o che vogliono bloccare la nazione (addirittura marciare su Roma) con motivazioni che possono sembrare giuste. I regimi che nascono dalla violenza hanno governato con la violenza. È sempre stato così. La nostra è una democrazia, malata, stesa in un letto di ospedale ma pur sempre democrazia. I medici? Quelli siamo noi. Torniamo ad affezionarci alla politica. Cerchiamo insieme il bene comune. Se i politici non ci ascoltano pazienza. Ci faremo ascoltare ma non bruciando strade o facendo guerriglia contro la polizia. Dobbiamo educarci al bene comune. Infatti, se non abbiamo bene in mente cosa sia come vogliamo che i politici ci ascoltino? Le proteste fine a se stesse e che seguono logiche politiche che non vediamo (o non vogliamo vedere) sono sterili. Non portano frutto ma solo ulteriore malcontento. È giunta l'ora di rimboccarci le maniche e lavorare insieme per il bene comune andando oltre alle nostre ideologie che spesso sono legate a schemi che la storia ha cancellato.
Chiedo ancora scusa a quei pochi che hanno letto questa lettera.

Vi saluto fraternamente

un italiano qualsiasi


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