martedì 2 aprile 2013

La situazione egiziana e i timori occidentali



Due anni fa scrissi questo articoletto. Mi hanno attaccato e deriso ma si è rivelato quasi premonitore. Dopo due anni posso dire che avevo quasi ragione.

"C’è il popolo di uno stato di prevalenza islamico che, governato da un despota, decide di ribellarsi, di cancellare per sempre anni di tirannia, abusi ed esili. Tutta la popolazione si mette insieme e lotta contro l’oppressione del tiranno che scappa dalla propria nazione lasciando il posto a coloro che anelano ad una democratizzazione. Poi…
poi se pensiamo all’Egitto è giusto affermare che non possiamo sapere come andrà a finire. Ma in queste poche righe non sto descrivendo il caso tunisino o quello egiziano ma quello iraniano del 1978 quando persone appartenenti a movimenti politici (in prevalenza movimenti di origine marxista) e religiosi (la maggioranza di origine islamista), che da sempre erano duri oppositori dello Scià Pahlavi, si unirono contro il desposta iraniano riuscendo a cacciarlo e a dar la via libera ad un nuovo regime dittatoriale.
Stavolta non laico ma di stampo religioso. La svolta democratica fu solo un'illusione.
Perché ricordare questo? Semplicemente per timore. Per paura che gli eventi possano ripetersi in queste nazioni che in queste settimane stanno, giustamente, ribellandosi a dittature che da anni governano le vite di milioni di egiziani e tunisini.
Ormai è chiara l’intenzione di El Baradei (che non ha mai nascosto le sue simpatie per Ahmadinejad) di prendere la presidenza e, per farlo, ha trovato l’appoggio dei “moderati” fratelli musulmani che, dopo qualche giorno di dubbi, sono scesi in piazza a sostegno dei manifestanti al grido di “Shariah the only solution”.  La cosa che stupisce (ma non tanto) è la mancata opposizione dei movimenti di sinistra a questa voglia di islamizzazione delle istituzioni. Movimenti che fin dalla loro origine fanno della lotta alla religione (oppio dei popoli) una loro grande bandiera ora si trovano accanto a coloro che, una volta preso il potere, faranno piazza pulita anche dei loro attuali alleati. Come nell’Iran del 1978 quando estremisti islamici e movimenti marxisti hanno trovato un’alleanza solida per poter affondare la potenza imperialista occidentale, ma una volta al potere quei movimenti politici subirono le chiusure islamiste.
Ma la mia preoccupazione è anche di origine militare perché l’Egitto, grazie al supporto degli USA nell’ambito della lotta al terrorismo di matrice islamica, ha, infatti, l’esercito più forte dell’area mediorientale (Israele escluso).  La sua vicinanza allo stato di Israele, inoltre, lo rende un obiettivo sensibile nello scacchiere mediterraneo. Lasciare le forze belliche nelle mani degli estremisti (interni ed esterni) sarebbe come darci una grossa zappa sui piedi e destabilizzare ancora di più l’esistenza dello stato israeliano. Il problema, inoltre, è che l’amministrazione Obama sembra non riuscire a prendere una posizione. Da una parte c’è la paura di perdere l’alleato più forte dell’area, dall’altra c’è un richiamo ad una democratizzazione seria dell’Egitto. Ma così facendo si rischia di perdere la nazione egiziana consegnandola nelle mani di estremisti che dai confini, come attenti spettatori di uno spettacolo a loro favorevole, attendono il loro turno per governare."

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